IL MIRACOLO DI UNA NUOVA NASCITA
Scienza e coscienza sono un binomio inscindibile. Infatti, quando la scienza è illuminata dalla fede, l’altezza della vocazione medica tocca l’umanità dell’uomo in modo profondo ed esistenziale. È quanto emerso dalla conferenza del Prof. Giuseppe Noia (nostro conterraneo) presso la “Casa del-la Cultura” in Palmi il 27 Ottobre u.s. L’evento, che fa parte del secondo ciclo di incontri dal titolo “scienza e vita”, è stato fortemente voluto dal vescovo Mons. Francesco Milito, che ha confermato, ancora una volta, la sua sensibilità nel veicolare tematiche di bioetica nella diocesi di Oppido M. – Palmi. Da notare che nello stesso luogo, vent’anni fa, è stato ospite il Prof. Mancuso (definito un maestro dal Prof. Noia). Ad aprire i lavori, porgendo i saluti di tutta la cittadinanza palmese, è stato il Sindaco Giovanni Barone. Successivamente, l’introduzione di S.E. Mons. Francesco Milito, che ha definito il luogo “tempio della cultura” a Palmi, ha fatto notare quanto sia necessario per l’uomo capire se stesso. Scoprire la verità che lo abita. Considerare che intorno a tematiche quali la vita nascente, c’è bisogno di interrogare persone appassionate, competenti, e che spendono la loro vita per tutelare la vita nascente. Inoltre, che destino lo stupore per l’affascinante realtà della gravidanza, con tutto ciò che precede e succede tale momento della vita di coppia in particolare, e della donna nello specifico. Il Prof. Noia prendendo successivamente la parola, ha presupposto che nella propria vita, la scienza da un lato e la fede dall’altro, sono state le componenti specifiche che hanno guidato il proprio operato professionale. An-che perché “la scienza senza il faro dell’etica è una scienza che s’incaglia” negli scogli delle difficoltà umane. Ha inoltre fatto notare che intorno alla vita nascente gravitano tante informazioni fuorvianti (alcune decisamente non veritiere) e poca conoscenza. Capace quest’ultima di spostare l’accento dal sapere al sàpere (dal latino “assaporare”). Ha precisato che purtroppo in alcune realtà, intorno alla vita nascente, si registra una deriva sia morale che della ragione. La domanda di partenza è stata: con quali occhi vediamo la vita? Con gli occhi del calcolo matematico o con quelli del cuore? La risposta positiva in un senso o nell’altro porta a conclusioni proprie ed ovviamente diverse. Che la vita umana abbia un senso, tutti lo capiscono, ma quanti la difendono? Proprio per questo oggi necessario riaffermare la “sensatezza” della vita. Quella nel grembo materno, nello speci-fico. La sensatezza di una vita che già, in tale delicato momento, trova difficoltà di identificazione. A tal proposito, la beata Madre Teresa di Calcutta ha avuto a dire che pro-prio loro, i bambini non nati, sono i poveri più poveri. Considerando in particolare che la dignità umana è sempre presente, dal concepimento fino all’ultimo respiro. Dall’alba al tramonto. È stato chiaro che il miracolo di una nuova vita ed il rispetto della vita umana fin dalla sua prima individuazione, non è un sentimento generico, ma l’incontro con una precisa responsabilità: quella di un “vivente” umano la cui dignità non è affidata soltanto ad una nostra benevola considerazione o ad un impulso umanitario, ma ad una chiamata divina. Il concepito, non è solo “me” o “mio” o “dentro di me” ma “davanti a me”. Il fi-glio è presenza che interroga la vita. A noi il dovere di riconoscerlo fin dal principio e di garantirgli il diritto alla vita. Successiva-mente, si è aperto un momento di dibattito, in cui il Prof. Noia ha potuto rispondere alle molteplici domande che il pubblico ha voluto rivolgere. Le conclusioni sono state affidate a S.E. Mons. Francesco Milito che ha approfittato dell’occasione per lanciare un appello al Sindaco Barone ed alla sensibilità comune: “quanto sarebbe bello che anche nella nostra diocesi, magari all’interno del costruendo ospedale, si creasse un perinatal hospice” (un reparto pensato per i “feti terminali”). Lo stesso sarebbe la risposta più concreata ed umana, quando l’unica alternativa prospettata è l’aborto terapeutico. Si tradurrebbe in un accompagnamento per il nascituro, fatto con amore, rispetto e riconoscenza. In conclusione, sembra che il nostro tempo, oltre ad affermare l’esistenza di Dio, abbia bisogno di riaffermare anche l’esistenza dell’uomo, riabilitando antiche domande sulla nostra vocazione originaria e quindi sulla “capienza infinita” della nostra fragilità umana. Dobbiamo sforzarci di rileggere la grammatica della vita, della creazione, della speranza, dell’amore. Tutto questo, restando aperti alla vita, restando aperti all’amore. L’evento, a dir di tutti, ha lasciato il segno. Proprio per questo, incontri di tale spessore, sarebbero l’ideale per tener desta la “sacralità” della vita ed il rispetto della vita nascente.
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