MARCO E CIOIA CONTRO LA CULTURA DELLA MORTE
di Alessandra Nachira
novembre 2015
“Abbiamo tenuto il nostro piccolo anche se i medici consigliavano l’aborto”
Una storia di fede e amore per la vita quella di Marco, Cioia e i piccoli Giovanni e Martina Uda. Una famiglia in lotta contro la cultura della morte, che con forza si è opposta alla logica del figlio perfetto, accettando la vita nella sua interezza per sé e per il loro bambino anche se malato. Un messaggio di speranza che Marco e Cioia hanno voluto offrire, durante il convegno dell’Associazione italiana ginecologi ostetrici cattolici (AIGOC), svoltosi a Macomer sabato scorso. Tutto era cominciato per Cioia al terzo mese di gravidanza, durante l’esame di translucenza nucale, i medici scoprono una malattia terminale del feto incompatibile con la vita e consigliano alla famiglia di interrompere la gravidanza. “Ricordo la freddezza con cui la genetista propose l’aborto come unica via, racconta Cioia, fu un momento di grande solitudine dolore. Per noi quel figlio era un dono di Dio e decidemmo di proseguire la gravidanza comunque, contattando vari medici in Sardegna,ma la risposta era sempre la stessa: abortire”. Dopo varie ricerche Marco e Cioia incontrano il professor Giuseppe Noia, responsabile del Centro diagnosi e terapia fetale al Gemelli di Roma e presidente AIGOC, al quale si affidano per portare a termine la gravidanza. La diagnosi non era buona: il bambino è affetto da oloprosencefalia alobare, una grave malformazione del sistema nervoso centrale. “Il professor Noia ci accolse come un padre, dice Marco, accompagnandoci in quel difficile percorso, con la consapevolezza che il bimbo sarebbe potuto morire subito dopo la nascita e rassicurandoci che, se solo ci fosse stata una possibilità, l’avrebbe salvato ma senza accanimento terapeutico”, ma il piccolo però aveva altri progetti, voleva nascere aggrappandosi disperatamente alla vita, con quella stessa forza trasmessagli in otto lunghi mesi da mamma, papà e dalla sorella Martina. “Giovanni nacque dopo otto mesi, racconta Cioia, la voce rotta dalla commozione, e, a dispetto di quanti lo consideravano un bimbo terminale, iniziò subito a respirare, da solo”. Oggi Giovanni ha due anni e mezzo e fa progressi ogni giorno, con gran stupore dei medici del reparto di neurochirurgia infantile del Gemelli che lo hanno in cura. “Non sappiamo quanto vivrà il nostro bambino, concludono i coniugi, nel frattempo faremo di tutto per dargli una vita bella” Marco e Cioia sono membri della Fondazione “Il Cuore in una Goccia” (istituita da Giuseppe e Anna Noia), che sostiene e assiste le donne in gravidanza, intervenendo umanamente con i più alti standard medici, etici e scientifici. “Attraverso la Fondazione, spiega Cioia, vogliamo portare in Sardegna un supporto per le famiglie che affrontano gravidanze a rischio”.