«Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessuna esitazione: scegliete, e lo esigo, il bimbo». L’esortazione appartiene a Santa Gianna Beretta Molla, che l’Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Italiani (AGOIC), ha voluto ricordare proprio alla vigilia del 51° anniversario dalla morte nella sua città natale, Magenta.
Per l’occasione sono stati invitati gli esponenti più solerti nella difesa della vita fin dal suo concepimento, da illustri medici a magistrati a testimoni di vita vissuta.
Lo scopo dell’incontro dal titolo Il tempo del dono: scienza, etica e diritto per la vita nascente è stato esposto dal prof. Piero Capetta, già Ordinario di Ginecologia e Ostetricia all’Università di Milano: far riflettere sul riconoscimento del volto umano dell’embrione in un periodo storico in cui il riduzionismo scientifico e le manipolazioni ideologiche hanno contribuito a produrre una mentalità contro la vita.
Il prof. Giuseppe Noia, docente di Medicina dell’Età Prenatale all’Università Cattolica di Roma, ha affermato che «nella fecondazione, due cellule sessuali si fondano, creando una relazione», mentre i tentativi di camuffare la dignità dell’embrione partono sempre da una divisione, come nel caso in cui «la fecondità viene separata dalla sessualità».
Il dott. Angelo Filardo ha aggiunto che il metodo naturale di Billings, «se seguito regolarmente, porta a una mentalità di apertura alla vita, ma oggi poco se ne parla perché le multinazionali delle contraccezioni hanno notevoli fondi economici».
Principale scopo del convegno è stato quello di diffondere una vera conoscenza scientifica per contrastare l’informazione superficiale dilagante; in questa direzione è andato anche l’interessante intervento del prof. Luigi Frigerio, presidente della Società Italiana di Chirurgia Ginecologica.
Il tema affrontato è quello dei tumori in gravidanza, al fine di porre attenzione alla protezione del feto dalle cure oncologiche. Una questione particolarmente delicata riguarda la patologia prenatale del Trisoma 18, trattato dalla Prof.ssa Patrizia Vergani, la quale ha sottolineato l’importanza di un counceling non affrettato ma realistico da parte del personale medico, che non proponga soltanto l’aborto come “soluzione” alla situazione drammatica, in quanto «non è comunque corretto affermare che sia una condizione letale».
Il prof. Noia ha integrato l’argomento illustrando l’esistenza di terapie fetali invasive che permettono di ridare speranza in casi di patologie molto gravi.
Proseguendo con la stessa scientificità degli interventi precedenti, il dott. Renzo Puccetti ha approfondito la materia delle pillole contraccettive, evidenziandone rischi spesso e volentieri tenuti nascosti all’opinione pubblica.
L’informazione consapevole dovrebbe essere tra i punti programmatici cardine dello staff medico, come ha evidenziato il dott. Antonio Oriente, vicepresidente AIGOC: «noi medici, e non solo cattolici, abbiamo giurato di tutelare la vita e dobbiamo proclamare la verità».
Pertanto, alla luce di numerosi studi sul rapporto tra diversi tumori e aborto indotto, Oriente ha affermato che «esiste tra i medici una disonestà intellettuale: se gli studi ci sono, perché non vengono divulgati?».
Altro attuale tema affrontato durante la giornata è quello sull’obiezione di coscienza. A parere del Dott. Nicola Natale, Presidente di Scienza e Vita di Milano, «gli obiettori di coscienza sono da sempre accusati di essere troppi, ma statisticamente non possono essere considerati “colpevoli” delle diminuzioni delle IVG […] Gli obiettori di coscienza danno fastidio alla società perché questa si accorge di non poter regolare tutte le azioni dell’uomo».
Il dott. Giacomo Rocchi, magistrato, ha aggiunto che l’obiezione di coscienza è un «diritto inviolabile» e che «nessun medico può essere obbligato a sopprimere un embrione». Ha fatto poi notare come oggi vi sia una legittima attenzione verso il mondo animale, non altrettanto fervente purtroppo nei confronti della vita embrionale: «esiste l’obiezione di coscienza verso le sperimentazioni sugli animali e contemporaneamente vi è un’aggressione continua verso l’obiezione di coscienza nei confronti degli embrioni…».
Informare correttamente sull’aborto significa anche discutere della sindrome post-aborto e dei rischi dell’aborto indotto per la salute psichica della donna. La psicoterapeuta Cinzia Baccaglini, trattando di questo aspetto, oggi più che sottovalutato, ha sottolineato l’importanza di non “angelizzare” il bambino abortito e di non oggettivare il seppellimento tramite pseudo-riti con scarpine e biberon.
Le due testimonianze di Carlo Mocellin, marito della Serva di Dio Maria Cristina Cella, e della dott.ssa Gianna Emanuela Molla, figlia della Santa, hanno rappresentato il gioiello culturale e spirituale dell’evento. Carlo ha raccontato tra le altre cose che «Cristina voleva il meglio per sé e si chiedeva quale fosse la sua vocazione», scoprendo così che «quello che desidera il nostro cuore è vero».
Cristina, al pari di Santa Gianna, non ha voluto curare un tumore per non danneggiare il figlio nel grembo. Gianna Emanuela, frutto del dono incondizionato della sua Santa madre, ha testimoniato commossa: «Se non fossi stata amata così tanto non sarei viva».
Infine, come ha ricordato don Edoardo Algeri, «non c’è niente di più bello per un bambino dell’essere accolto tramite il dono di se stessi come stile di vita e di dedizione incondizionata e gratuita».
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“Se non fossi stata amata così tanto non sarei viva”
La testimonianza di Gianna Emanuela Molla, in un convegno in memoria della madre canonizzata
«Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessuna esitazione: scegliete, e lo esigo, il bimbo». L’esortazione appartiene a Santa Gianna Beretta Molla, che l’Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Italiani (AGOIC), ha voluto ricordare proprio alla vigilia del 51° anniversario dalla morte nella sua città natale, Magenta.
Per l’occasione sono stati invitati gli esponenti più solerti nella difesa della vita fin dal suo concepimento, da illustri medici a magistrati a testimoni di vita vissuta.
Lo scopo dell’incontro dal titolo Il tempo del dono: scienza, etica e diritto per la vita nascente è stato esposto dal prof. Piero Capetta, già Ordinario di Ginecologia e Ostetricia all’Università di Milano: far riflettere sul riconoscimento del volto umano dell’embrione in un periodo storico in cui il riduzionismo scientifico e le manipolazioni ideologiche hanno contribuito a produrre una mentalità contro la vita.
Il prof. Giuseppe Noia, docente di Medicina dell’Età Prenatale all’Università Cattolica di Roma, ha affermato che «nella fecondazione, due cellule sessuali si fondano, creando una relazione», mentre i tentativi di camuffare la dignità dell’embrione partono sempre da una divisione, come nel caso in cui «la fecondità viene separata dalla sessualità».
Il dott. Angelo Filardo ha aggiunto che il metodo naturale di Billings, «se seguito regolarmente, porta a una mentalità di apertura alla vita, ma oggi poco se ne parla perché le multinazionali delle contraccezioni hanno notevoli fondi economici».
Principale scopo del convegno è stato quello di diffondere una vera conoscenza scientifica per contrastare l’informazione superficiale dilagante; in questa direzione è andato anche l’interessante intervento del prof. Luigi Frigerio, presidente della Società Italiana di Chirurgia Ginecologica.
Il tema affrontato è quello dei tumori in gravidanza, al fine di porre attenzione alla protezione del feto dalle cure oncologiche. Una questione particolarmente delicata riguarda la patologia prenatale del Trisoma 18, trattato dalla Prof.ssa Patrizia Vergani, la quale ha sottolineato l’importanza di un counceling non affrettato ma realistico da parte del personale medico, che non proponga soltanto l’aborto come “soluzione” alla situazione drammatica, in quanto «non è comunque corretto affermare che sia una condizione letale».
Il prof. Noia ha integrato l’argomento illustrando l’esistenza di terapie fetali invasive che permettono di ridare speranza in casi di patologie molto gravi.
Proseguendo con la stessa scientificità degli interventi precedenti, il dott. Renzo Puccetti ha approfondito la materia delle pillole contraccettive, evidenziandone rischi spesso e volentieri tenuti nascosti all’opinione pubblica.
L’informazione consapevole dovrebbe essere tra i punti programmatici cardine dello staff medico, come ha evidenziato il dott. Antonio Oriente, vicepresidente AIGOC: «noi medici, e non solo cattolici, abbiamo giurato di tutelare la vita e dobbiamo proclamare la verità».
Pertanto, alla luce di numerosi studi sul rapporto tra diversi tumori e aborto indotto, Oriente ha affermato che «esiste tra i medici una disonestà intellettuale: se gli studi ci sono, perché non vengono divulgati?».
Altro attuale tema affrontato durante la giornata è quello sull’obiezione di coscienza. A parere del Dott. Nicola Natale, Presidente di Scienza e Vita di Milano, «gli obiettori di coscienza sono da sempre accusati di essere troppi, ma statisticamente non possono essere considerati “colpevoli” delle diminuzioni delle IVG […] Gli obiettori di coscienza danno fastidio alla società perché questa si accorge di non poter regolare tutte le azioni dell’uomo».
Il dott. Giacomo Rocchi, magistrato, ha aggiunto che l’obiezione di coscienza è un «diritto inviolabile» e che «nessun medico può essere obbligato a sopprimere un embrione». Ha fatto poi notare come oggi vi sia una legittima attenzione verso il mondo animale, non altrettanto fervente purtroppo nei confronti della vita embrionale: «esiste l’obiezione di coscienza verso le sperimentazioni sugli animali e contemporaneamente vi è un’aggressione continua verso l’obiezione di coscienza nei confronti degli embrioni…».
Informare correttamente sull’aborto significa anche discutere della sindrome post-aborto e dei rischi dell’aborto indotto per la salute psichica della donna. La psicoterapeuta Cinzia Baccaglini, trattando di questo aspetto, oggi più che sottovalutato, ha sottolineato l’importanza di non “angelizzare” il bambino abortito e di non oggettivare il seppellimento tramite pseudo-riti con scarpine e biberon.
Le due testimonianze di Carlo Mocellin, marito della Serva di Dio Maria Cristina Cella, e della dott.ssa Gianna Emanuela Molla, figlia della Santa, hanno rappresentato il gioiello culturale e spirituale dell’evento. Carlo ha raccontato tra le altre cose che «Cristina voleva il meglio per sé e si chiedeva quale fosse la sua vocazione», scoprendo così che «quello che desidera il nostro cuore è vero».
Cristina, al pari di Santa Gianna, non ha voluto curare un tumore per non danneggiare il figlio nel grembo. Gianna Emanuela, frutto del dono incondizionato della sua Santa madre, ha testimoniato commossa: «Se non fossi stata amata così tanto non sarei viva».
Infine, come ha ricordato don Edoardo Algeri, «non c’è niente di più bello per un bambino dell’essere accolto tramite il dono di se stessi come stile di vita e di dedizione incondizionata e gratuita».