Comunicato Stampa n. 1 del 12 gennaio 2024

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ABSTRACT

A 20 anni dall’approvazione della Legge 40/2004, dopo le sentenze della Corte Costituzionale che hanno stravolto la volontà del Legislatore, tutte le criticità che le tecniche di fecondazione extracorporea avevano, appaiono in quest’ultima relazione ministeriale – seppur incompleta per il mancato invio dei dati relativi alle tecniche applicate. Infatti, solo il 78,3% dei centri che hanno ottenuto almeno una gravidanza omologa ed il 74,1% dei centri che hanno ottenuto almeno una gravidanza eterologa hanno fornito informazioni circa l’esito delle gravidanze. In Campania non sono state fornite informazioni nel 47,7% e nel Lazio nel 14,1% delle gravidanze omologhe e rispettivamente nel 20,0% (Campania) e nel 14,1% (Lazio) delle gravidanze eterologhe.

– È aumentato il numero medio di ovociti per prelievo: 7,7 nel 2021 mentre era 7,5 nel 2020. Ma, a fronte di un numero elevatissimo (354.291) di ovociti prelevati, nella FIVET/ICSI omologa, ne sono stati inseminati soltanto 5,5/prelievo e fecondati 182.128. Di questi embrioni prodotti, soltanto 96.696, ossia il 53,09%, sono stati giudicati trasferibili; ma ne sono stati effettivamente trasferiti 38.188, il 38,69% degli embrioni trasferibili, pari al 20,96% di tutti gli embrioni prodotti (182.128).

– La prima fase, cioè la stimolazione ovarica, ogni anno mostra le sue crescenti criticità: 4.480 cicli vengono sospesi prima del prelievo ovocitario (8,9% dei cicli iniziati a fresco), di cui 2.932 (5,8%) per mancata risposta alla stimolazione ovarica (causa non difficile da prevedere in centri specializzati!). Il tentativo di ottenere ovociti anche in donne di età superiore ai 40 anni causa il maggior numero di interruzione dei cicli dopo il prelievo degli ovociti che vengono tutti crioconservati per rischio di Sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS severa in: 2.649 donne): nell’11,9% nell’età 40-42 anni e nel 15,7% a 43 o più anni di età della donna.

– È in costante aumento il numero degli embrioni crioconservati nella FIVET/ICSI omologa (61.212 nel 2021) che vanno ad aggiungersi – poiché nello stesso anno se ne scongelano di meno – agli altri già conservati nei freezer dei laboratori italiani per un numero totale, fino al 31.12.2021, di ben 168.076 di embrioni omologhi. Per la FIVET/ICSI da donatore o donatrice di gameti (eterologa) questo dato sulla crioconservazione non viene neppure riportato nella Relazione ministeriale.

Considerando che negli ultimi anni il 94,8% dei trasferimenti in utero sono costituiti da 1-2 embrioni, appare improprio continuare ad iperstimolare le ovaie delle donne per produrre tanti embrioni in vitro destinati al gelo. Il numero massimo di 3 embrioni per ciclo da produrre con l’obbligo di trasferirli tutti nell’utero anche in tempi diversi nella stessa donna ci sembra un limite ragionevole da porre.

PMA nei LEA? I risultati della FIVET/ICSI nelle donne di età pari o superiore ai 40 anni, soprattutto per le tecniche omologhe “a fresco” e con scongelamento di ovociti, dovrebbero far comprendere ai Responsabili Nazionali e Regionali la necessità di escluderle dai LEA in una Nazione in cui tutti giudicano insufficienti le risorse destinate alla Sanità!

Le problematiche della PMA con gameti “donati”. Anche i dati per la PMA con donazione di gameti (FIVET/ICSI eterologa), oltre al fatto di confermare un’alta perdita di embrioni prodotti (nel 2021, su un totale di 45.293 solo 14.421 embrioni sono stati trasferiti in utero, pari al 31,83%; sono nati vivi soltanto 2.063 bambini pari al 21,5% degli embrioni trasferiti e al 4,55% di tutti gli embrioni prodotti; dei 30.872 embrioni che non sono stati trasferiti non si conosce la sorte!), offrono ulteriori riflessioni relative al “traffico” di gameti ed embrioni congelati. L’incrocio di import/export tra centri italiani e stranieri e la pratica dell’egg sharing crociata di una coppia che offre i propri ovociti in cambio del liquido seminale possono creare nel tempo grandi problemi, già da noi denunciati il 23 settembre 2014 in occasione dei disegni di legge presentati al Parlamento sulla PMA eterologa.

La legittimazione della FIVET/ICSI nella forma eterologa da parte della Corte Costituzionale ha dunque rimesso in campo tutti quei problemi che la legge 40 si era prefissa di evitare o prevenire. Compresa la Diagnosi Genetica Preimpianto (PGT) che ha dato alla legge un risvolto meramente selettivo ed eugenetico.        Riteniamo sia venuto il momento per il Parlamento di resettare il “sistema procreatico”, garantendo quanto meno una maggiore trasparenza e completezza dei dati, ripristinando un protocollo di attuazione delle tecniche che consentano il massimo rispetto della salute psicofisica delle coppie e il maggior beneficio possibile per i figli concepiti in vitro, la loro vita (limitare al massimo le perdite di embrioni concepiti) e il diritto di conoscere la loro paternità e maternità e a prevenire la loro eterna (?) crioconservazione.

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Improcrastinabile dopo 20 anni dall’approvazione della legge, 15 anni dopo il primo stravolgimento operato dalla Corte Costituzionale, 10 anni dopo l’abolizione operata dalla stessa Corte del divieto dell’eterologa, 9 anni dopo le sentenze del 14 maggio – 5 giugno 2015 n. 96 e del 21 ottobre – 11 novembre 2015, che rendono lecita la diagnosi genetica preimpianto (PGT)

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La Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sull’ applicazione nell’anno 2021 della legge 40/2004, anche se presentata con 40 giorni di ritardo rispetto all’anno scorso e con un copia/incolla di molte pagine ci offre dati tutt’altro che rassicuranti.

La tabella 1 a fianco riportata ci conferma che quanto da noi più volte affermato nei precedenti nostri Comunicati Stampa non solo non è stato minimamente preso in considerazione, ma che la situazione è ulteriormente peggiorata: il numero medio degli ovociti prelevati da 7,5/prelievo del 2020 è aumentato a 7,7/prelievo, per cui nel 2021 nelle 41.172 coppie trattate a fresco sono stati prelevati 354.291 ovociti, ne sono stati inseminati 252.034 (5,5/prelievo) e fecondati 182.128. Dei 182.128 ovociti fecondati solo 98.696 sono stati considerati embrioni formati trasferibili e di questi solo il 38,69%, cioè  38.188 sono stati trasferiti nell’utero delle proprie madri!

La tabella 8 riporta le motivazioni delle sospensioni dei cicli prima del prelievo ovocitario: 2.932 cicli (8,9% dei cicli iniziati) sono stati sospesi per la mancata risposta alla stimolazione ovarica! Ci sembra che ai nostri giorni tale causa sia facilmente diagnosticabile prima di iniziare un trattamento inutile, costoso e potenzialmente dannoso; così come anche la risposta eccessiva legata agli alti dosaggi dei farmaci usati, per cui si potevano in questi casi evitare rischi e delusioni alle coppie. Se a questi numeri aggiungiamo i 1.387 cicli in cui è stato prelevato nessun ovocita (tabella 12 pag. 83 R.M.) il quadro diventa sempre più chiaro

La ricerca affannosa del prelievo di un numero maggiore di ovociti – in particolare nelle donne con età più avanzata – non è esente dai rischi ben evidenziati nella tabella 1: 4.480 cicli sospesi prima del prelievo ovocitario (8,9% di tutti i cicli iniziati, di cui l’11,9% nelle donne di 40-42 anni ed il 15,7% nelle donne di ≥43 anni) per rischio OHSS (sindrome da iperstimolazione ovarica).

Ai cicli sospesi bisogna aggiungere i cicli interrotti dopo il prelievo ovocitario, molto più numerosi di quelli sospesi, il 12% dei quali per rischio di OHSS severa.

A questi si aggiungono i 12.130 cicli interrotti: 6.034 per congelamento di tutti gli embrioni da trasferire in altri cicli e 6.096 per effettuare indagini genetiche preimpianto (PGT). Complessivamente l’81,60% dei cicli iniziati nel 2021 sono stati sospesi od interrotti!

Ci stupisce – ma non troppo! – che nella tabella 50 siano riportati solo 260 casi di OHSS, quando nella stessa relazione a pag. 78 si parla di “sopravvenuto rischio di sindrome da iperstimolazione ovarica severa (OHSS) per la paziente nell’11,4% … si rileva complessivamente l’interruzione per rischio di OHSS pari al 12% (+10,5% rispetto al 2020).

Certo la tabella 50 riporta solo una piccola parte delle complicazioni verificatesi nel 2021 dal momento che le sole OHSS severe riportate a pag. 78 della relazione sono 2.649. Da tenere presente, inoltre, che solo il 78,3% dei centri che hanno ottenuto almeno una gravidanza omologa ed il 74,1% dei centri che hanno ottenuto almeno una gravidanza con eterologa (donazione di gameti) hanno fornito informazioni circa l’esito delle gravidanze. In Campania non sono state fornite informazioni nel 47,7% delle gravidanze omologhe e nel Lazio nel 14,1% e rispettivamente nel 20,0% (Campania) e nel 14,1% (Lazio) delle gravidanze eterologhe (con donazioni di gameti).

I dati sopra riportati ci farebbero pensare alla necessità di usare in futuro molta più prudenza nelle stimolazioni ovariche, invece a pag. 256 della Relazione Ministeriale leggiamo: “Dall’analisi multivariata si osserva che il tipo di tecnica a fresco utilizzata non è più influente sull’ottenimento della gravidanza, mentre si riduce l’importanza delle associazioni con il genere d’infertilità e con il trasferimento di blastocisti, e diventa significativo il prelievo anche di più di 15 ovociti”.

Nel 2021 è stato registrato nelle coppie con gameti propri un notevole aumento degli embrioni  crioconservati (61.212), che ha portato a 167.519 il numero degli embrioni umani  sparsi nei crioconservatori dei vari centri italiani di PMA, che ogni anno dal 2009 (Sentenza Corte Costituzionale del 1° aprile 2009, n. 151)  crescono di numero e per moltissimi dei quali senza speranza di essere messi in condizione di poter vedere la luce del sole se non viene posto – al più presto – un limite e regole chiare, precise e vincolanti all’attuale crioconser-vazione selvaggia originata dalla sentenza della Corte Costituzionale, che ha tolto il limite massimo di produzione degli embrioni (3)  e l’obbligo di trasferirli tutti insieme in utero!

La stragrande maggioranza dei trasferimenti omologhi è avvenuta – in costante crescita -con 1 solo embrione (50,7%), seguita da quella con 2 embrioni (44,1%) e da quella con 3 o + embrioni (5,2%).

Il fatto che la stragrande maggioranza dei trasferimenti (94,8%) è stata fatta con 1-2 embrioni conferma la bontà del limite dei 3 embrioni da produrre, presente nella formulazione originale della legge 40/2004, quello che andava modificato era solo l’obbligo di trasferire tutti gli embrioni prodotti anche in più trasferimenti invece che in un unico trasferimento, che responsabilizzerebbe la coppia nei confronti del numero degli embrioni da produrre ed eviterebbe il crescente numero dei crioconservati.

Nelle donne di età ≥ 43 anni i risultati migliori si ottengono nelle coppie trattate con scongelamento di embrioni (FER), delle quali l’8,18% è riuscita ad avere uno o più figli in braccio; nei cicli con scongelamento degli ovociti (FO) solo il 2% delle coppie ha avuto la gioia di avere uno o più figli in braccio; nei cicli trattati a fresco (F) appena 1,39% delle coppie trattate ha avuto uno o più figli in braccio.

Le coppie con donne di età 40 – 42 anni che si sottopongono a trattamenti con scongelamento di embrioni (FER) nel 13,84% dei casi riescono ad avere uno o più figli in braccio; quelle trattate con scongelamento di ovociti (FO) solo nel 6,54%, quelle trattate a fresco (F) appena nel 5,85%.

Questi dati non possono essere trascurati o sottovalutati – come è stato fatto fino ad ora – dai Responsabili della Salute Nazionali e Regionali, che troppo frettolosamente hanno inserito nei LEA la PMA senza valutare con la dovuta attenzione i rischi a cui esponevano le donne di età ≥ 40 anni e lo sperpero del poco danaro pubblico per ottenere risultati molto scarsi.

Per quanto riguarda la PMA eterologa non disponiamo di tutti i dati che abbiamo esaminato per la PMA con gameti della coppia, sappiamo che è cresciuta rispetto al 2020 e che ci sono stati 1.967 cicli con donazione di SEME, di cui il 94,3% importato; 10.584 cicli con donazione di ovociti  (74,9% di tutti i cicli con donazione dei gameti), di cui il 99,8% importati; 910 con doppia donazione (6,4%), di cui il 98,2% con gameti importati.

Sappiamo che sono stati prodotti 45.293 embrioni, ne sono stati trasferiti in utero 14.421, sono nati 2.063 bambini (21,5% embrioni trasferiti) dei restanti 30.872 embrioni non abbiamo alcuna notizia.

Possiamo ricostruire i movimenti di importazione/esportazione dei singoli gameti/embrioni:

IMPORTAZIONI:

3.307 record relativi a liquido seminale, per un totale di 3.524 criocontenitori +19%

17.816 record relativi ad ovociti per un totale di 17.873 criocontenitori               +70%

5.035 record relativi ad embrioni per un totale di 6.287 criocontenitori             +60%

ESPORTAZIONI:

2.939 record relativi a liquido seminale, per un totale di 6.271 criocontenitori +20%

136 record relativi ad ovociti per un totale di 148 criocontenitori

65 record relativi ad embrioni per un totale di 71 criocontenitori.

Dai dati sopra riportati notiamo che c’è un notevole import di ovociti e di embrioni ed un export di liquido seminale.

A pag. 284 della relazione viene richiamata l’attenzione sulle principali Regioni italiane

(Tabella G2) che importano ed esportano gameti  avviene questo e sulle nazioni straniere con cui più frequentemente avviene questo scambio (Tabella G3).

A pag. 270 della relazione leggiamo che fino al 31/12/2022 risultano effettuate 300 raccolte di liquido seminale da 97 donatori di sesso maschile, per complessive 3.579 paillettes (contenitori); 203 prelievi di ovociti in modalità egg sharing per un totale di 1.552 ovociti, da cui sono nati vivi 182 bambini e di 89 gravidanze non si conosce l’esito finale, 64 gravidanze non evolutive/aborti e 639 transfer che non hanno portato a gravidanza per un totale di 954 trattamenti in cui sono stati utilizzati gameti da donazioni avvenute in centri italiani.

L’incrocio di import/export tra centri italiani e stranieri e la pratica dell’egg sharing crociata di una coppia che offre i propri ovociti in cambio del liquido seminale possono creare nel tempo grandi problemi, già da noi denunciati  il 23 settembre 2014 in occasione dei disegni di legge presentati al Parlamento sulla PMA eterologa, che oggi con maggiore forza ribadiamo: – vietare le donazioni incrociate di gameti tra coppie che si sottopongono entrambi a PMA eterologa;limite massimo di donazioni per ogni donatore/donatrice; – no all’anonimato dei donatori; – no alla doppia donazione o all’uso di embrioni crioconservati.

Questi anni di far west procreatico dopo le sentenze della Corte Costituzionale hanno creato già troppi danni e bisogna al più presto fare il tagliando alla legge 40/2004 tenendo conto di tutte le storture di questi anni, prima fra tutte i 168.076 embrioni omologhi che ogni anno crescono di numero e stazionano nei crioconservatori abbandonati dai loro genitori e da chi li ha prodotti ed al traffico/scambio di gameti e di embrioni che moltiplica il numero dei fratelli/sorelle sconosciuti nati dall’eterologa – sparsi in Italia e nel mondo – che rischiano d’incontrarsi e fare figli/nipoti con i notevoli rischi connessi!

 

La recente decisione del CdA dell’AIFA (Agenzia del Farmaco Italiana) e degli esperti delle Regioni di poter rendere gratuita la distribuzione delle pillole per contraccezione ormonale alle donne di età inferiore a 26 anni risulta assolutamente inappropriata per le seguenti ragioni.

 Distogliere ulteriori risorse al SSN già in grave difficoltà nel garantire le cure di base – controlli clinici, esami di laboratorio, ecografie, TAC, RMN – ai cittadini, è un evidente danno alla sanità pubblica, un inaccettabile aggravio per le persone malate più fragili e meno abbienti.

  Di contro, i dati riportati nelle Relazioni del Ministero della Salute al Parlamento Italiano sulla Legge 194/78 negli ultimi due anni censiti, 2020 e 2021, e quelli del Rapporto Osmed 2021, evidenziano che il tasso di abortività nelle fasce di età delle donne comprese tra i 15 e i 24 anni è aumentato a livello nazionale e, paradossalmente, proprio in quelle Regioni che già da diversi anni distribuiscono gratuitamente le pillole estroprogestiniche (E.P.) alle donne sotto i 26 anni (Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Puglia e Piemonte) e in quelle con maggior consumo di pillole E.P. (Sardegna e Liguria); l’Umbria, la terza Regione per numero di Consultori pubblici (2,9/10.000 donne di 15-49 aa.), ha fatto registrare il maggior incremento percentuale delle Interruzioni Volontarie della Gravidanza (IVG) nel 2021 rispetto al 2020.

Alla luce di questi dati inoppugnabili non riusciamo a comprendere il motivo per cui il Cda dell’AIFA tra le sue priorità ponga la distribuzione gratuita delle pillole E.P. alle utenti di età inferiore a 26 anni e non quella di ridurre i prezzi di vendita di tanti farmaci necessari per curare i cittadini italiani o di inserirli nell’elenco dei farmaci prescrivibili dal SSN.

Per l’articolo completo di dati e tabella cliccare sul link seguente:

L’AIFA SI PREOCCUPA DI SPERPERARE IL DANARO PUBBLICO PER DISTRIBUIRE GRATIS LA PILLOLA, MENTRE GLI ITALIANI ATTENDONO MESI PER FARE ACCERTAMENTI INDISPENSABILI PER CURARSI

La notizia diffusa da Adnocronos Salute il 3 novembre u.s. ci fa pensare che il CdA dell’AIFA e gli esperti delle Regioni vivono in un altro mondo o siano completamente disinformati od – ancora peggio – non hanno un minimo di considerazione delle difficoltà che da anni i cittadini italiani devono affrontare per potersi sottoporre agli accertamenti – clinici, ecografici, radiologici e di laboratorio – indispensabili per potersi curare. La loro preoccupazione sembra quella di sperperare il poco denaro disponibile per campagne che già si sono dimostrate ampiamente fallimentari per lo scopo pubblicamente proposto, quello di diminuire il ricorso all’aborto volontario, ed utili solo per far accrescere i ricavi delle ditte produttrici delle pillole!

Nel nostro Comunicato Stampa n.1 del 25 aprile u.s. abbiamo dimostrato l’inutilità del tentativo allora annunciato in un’intervista al QS dalla Presidente del Comitato Prezzi e Rimborsi (CPR) dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), a pochi mesi dalla scadenza del suo incarico quinquennale. Oggi che in una versione ridotta il problema si ripresenta, non possiamo non dare voce a tutti gli Italiani ed in particolare ai meno abbienti e dichiarare con forza e con dati inoppugnabili alla mano che questa operazione non s’ha da fare né ora né mai! 

 Nella tabella 1 sopra riportata abbiamo preso in esame le classi di età <15-24 anni, perchè sono quelle di cui disponiamo le % d’abortività già calcolate nella relazione al Parlamento del Ministro della Salute per l’anno 2020 e 2021, mentre per inserire anche le donne di 25 anni avremmo dovuto fare un calcolo su una percentuale o più bassa (quella del gruppo di età 20-24 anni) oppure nettamente più alta (quella del gruppo di età 25-29 anni).

 Il dato che emerge agli occhi di tutti i lettori attenti è che, nella stragrande maggioranza delle Regioni ed a livello nazionale, gli aborti volontari nel 2021 nelle classi di età <15-24 anni sono percentualmente aumentati a livello nazionale dal 22,62% al 23,21% con significativi incrementi in Liguria (27,12%, Regione al terzo posto per il consumo di e.p.), Piemonte (24,38%, tra le Regioni che già distribuiscono gratuitamente le pillole e.p. alle donne <26 aa.) ed Umbria ( 24,88%, al terzo posto tra le Regioni con il maggior numero di Consultori pubblici). Aumento della % di IVG effettuate (in Italia: 14.773=23,21%), che per queste Regioni diventerebbe ancora molto più significativo se includessimo le donne di 25 anni.

Alla luce di questi dati inoppugnabili non riusciamo a comprendere il motivo per cui il Cda dell’AIFA tra le sue priorità ponga la distribuzione gratuita delle pillole e.p. alle utenti di età < 26 anni e non quella di ridurre i prezzi di vendita di tanti farmaci necessari per curare i cittadini italiani o di inserirli nell’elenco dei farmaci prescrivibili dal SSN.

Comunicato Stampa n. 5 del 19 ottobre 2023

ABSTRACT

La novità più importante riscontrata nella Relazione annuale del Ministro della Salute al Parlamento sulla applicazione della L. 194/78 pubblicata il 6.10.2023 è la tabella 27, che – dopo le nostre critiche ripetute ogni anno e la dimostrazione fatta nel nostro comunicato stampa n. 3 del 4 luglio 2022 – riporta un numero di complicazioni (1.333) nettamente superiore a quelle dell’anno 2020 (490) ed ancora 1.347 dati non rilevati.

        Le complicanze associate alle Interruzioni Volontarie della Gravidanza (IVG) effettuate entro i primi 90 giorni, pur non potendo considerare ben 737 casi non riportati, risultano essere 3,7 volte più frequenti per le IVG farmacologiche rispetto a quelle chirurgiche.

L’alto uso di contraccettivi non porta ad una significativa riduzione del rapporto di abortività nelle popolazioni in cui ciò è già in atto. Ne sono prova gli alti tassi di abortività nelle regioni italiane nelle quali si registra un più alto consumo di contraccettivi: la Liguria, o vengono offerti gratuitamente da anni ad alcune categorie di donne: il Piemonte, l’Emilia Romagna, la Puglia, la Toscana e il Lazio.

Nel paragrafo 3 a pag. 11 – Divulgazione delle informazioni – ci preme segnalare una carenza importante in questo progetto, cioè la completa assenza di attenzione alle Associazioni, che sono da molti decenni impegnate nell’aiuto alle Donne in difficoltà per il sopraggiungere di una gravidanza inaspettata, che possono offrire aiuti concreti in situazioni di difficoltà alle Donne e favorire l’accoglienza del figlio/a inaspettato/a ed evitare loro il dramma ed il trauma dell’aborto.

Nelle conclusioni il Ministro della Salute sottolinea l’aumento – dopo 10 anni di discesa – del tasso di abortività registrato nel 2021 nelle minorenni italiane, passato in un anno dall’1,94‰ al 2,06‰ con un incremento di 105 IVG su 3.364 ragazze di 15-17 anni in più rispetto all’anno precedente.

Se affianchiamo a questo dato quello del consumo delle pillole del giorno dopo e dei 5 giorni dopo in Italia nel 2021 (616.358 confezioni, cioè 60.474 in più del 2020!) di cui le minorenni costituiscono la maggioranza assoluta delle acquirenti senza ricetta medica, si evidenzia un “costume sessuale” molto allarmante per le minorenni, meritevoli di più adeguati programmi educativi degni di questo nome.

ARTICOLO COMPLETO

             La relazione del Ministro della Salute al Parlamento sull’applicazione della legge 194/1978 – Interruzioni Volontarie della Gravidanza (IVG) nell’anno 2021 pubblicata il 6 ottobre u.s. con sei mesi di ritardo rispetto all’anno precedente, presenta – come sempre – molte lacune e dati differenti nelle diverse pagine, che richiedono un’attenzione particolare per ricostruire la reale entità del fenomeno.

La novità più importante riscontrata in questa relazione è la tabella 27, che – dopo le nostre critiche ripetute ogni anno e la dimostrazione fatta nel nostro comunicato stampa n. 3 del 4 luglio 2022 – riporta un numero di complicazioni (1.333) nettamente superiore a quelle dell’anno 2020 ed ancora 1.347 dati non rilevati. Molto probabilmente tra questi ultimi sono comprese altre complicazioni non rilevate, come possiamo affermare con certezza per l’Umbria (155 dati non rilevati), che hanno fatto registrare 85 ricoveri ordinari, (vedi documento della Regione Umbria – Ricoveri Ordinari – Attività (Strutture Umbre) – Diagnosi 635), e non 13 come riportato nella tabella 26 della relazione ministeriale.

Il grafico riassuntivo a pagina 59 così come riportato non aiuta a comprendere la reale entità delle complicazioni legate alle ivg farmacologiche; aggiungendo infatti i numeri grezzi alle rispettive percentuali – anche non tenendo conto delle 737 voci non rilevate! – le complicazioni per le IVG farmacologiche risultano essere 3,7 volte maggiori di quelle chirurgiche.

È anche illusorio pensare e diffondere l’idea che aumentando il consumo di contraccettivi si possa ridurre il numero degli aborti volontari!

L’alto uso di contraccettivi infatti, non porta ad una significativa riduzione del rapporto di abortività nelle popolazioni in cui ciò è già in atto. Ne sono prova gli alti tassi di abortività delle seguenti regioni italiane nelle quali si registra il più alto consumo di contraccettivi: la Liguria al 1° posto tra le Regioni per tasso di abortività (7,4/1.000 donne 15-49 anni) e al 3° posto per consumo di contraccettivi, con 208 DDD (dosi giornaliere)/1.000 donne di 12-50 anni (vedi Rapporto Osmed 2021 pag. 197); il Piemonte al 2° posto con tasso di abortività 6,6, seguito dall’Emilia Romagna con 6,5‰, dalla Puglia (6,2‰), dalla Toscana (6,1‰) e dal Lazio (6,0‰ donne 15-49 anni), Regioni in cui da anni è stata distribuita gratuitamente la pillola contraccettiva ad alcune categorie di donne.

Nel paragrafo 3 a pag. 11- Divulgazione delle informazioni – ci preme segnalare una carenza importante in questo progetto, cioè la completa assenza di attenzione alle Associazioni, che sono da molti decenni impegnate nell’aiuto alle Donne in difficoltà per il sopraggiungere di una gravidanza inaspettata, che possono offrire aiuti concreti in queste situazioni alle Donne, favorire l’accoglienza del figlio/a inaspettato/a ed evitare loro il dramma ed il trauma dell’aborto.

Nelle conclusioni il Ministro della Salute sottolinea l’aumento – dopo 10 anni di discesa – del tasso di abortività registrato nel 2021 nelle minorenni italiane, passato in un anno dall’1,94‰ al 2,06‰ con un incremento di 105 su 3.364 ragazze di 15-17 anni in più rispetto all’anno precedente.

Se quanto affermato da Alessandra GRAZIOTTIN* – Direttore del Centro di Ginecologia dello Ospedale S. Raffaele di Milano nell’Incontro di presentazione del «PATENTINO DEL SESSO SICURO» promosso dalla SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) –  circa il fatto che “più del 50% delle confezioni  sono state acquistate  da ragazze con meno di 20 anni  (+ 4% rispetto al 2010) di cui  34.000 nel solo mese di agosto 2011”, si possa essere verificato anche per il 2021, la situazione sarebbe molto grave per le minorenni. Infatti, le pillole del giorno dopo e dei 5 giorni dopo consumate in Italia nel 2021 sono state complessivamente 616.358 confezioni, cioè 60.474 in più del 2020! Un serio campanello o sirena di allarme per le tutte agenzie educative che non possono più sottovalutare questo “costume sessuale” nelle nuove generazioni che pertanto meritano di più adeguati programmi educativi degni di questo nome.

Comunicato Stampa n. 4 del 2 settembre 2023

RIASSUNTO:

Nel Consenso informato il medico non può omettere di mostrare alla donna che richiede un’azione “medica” le immagini e i segni di vitalità dell’essere umano nell’utero materno coinvolto dalla suddetta azione “medica”.

La campagna per “Un cuore che batte” riporta alla luce la realtà scientifica della vita umana concepita e viva nel grembo materno.

Il riconoscimento da parte della madre della presenza vitale di un essere umano, il figlio, all’interno del suo utero, le conferma quanto già percepisce per effetto delle modificazioni anatomiche ed endocrino/neuro/funzionali legate all’inizio della gravidanza dandole tutti gli elementi per una scelta informata, libera e consapevole che la vedrà protagonista e non condizionata da pregiudizi e omissioni altrui e dall’ignoranza.

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La campagna in corso per la raccolta di firme presso i Comuni italiani finalizzata alla presentazione della PLIP che vuole integrare la legge 194/78 all’articolo 14 con il comma 1-bis: “Il Medico che effettua la visita che precede l’interruzione di gravidanza ai sensi della presente legge, è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire, il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso”, non può lasciarci indifferenti!

 A prescindere dalle considerazioni di opportunismo politico, giuridico o altro che sono state presentate, vorremmo entrare nel merito “medico” e specialistico della proposta.

Premessa tecnica: la rilevazione visiva del battito cardiaco fetale (bcf) può essere effettuata in sicurezza per il feto con gli ultrasuoni (ecografia) in M-mode e B-mode nelle prime 10 settimane di gravidanza

Dunque, il battito cardiaco fetale, anche quando non è consigliato rilevarlo acusticamente, può essere chiaramente visualizzato sul monitor dell’ecografo!

Aspetto deontologico.

 Nel caso specifico dell’ecografia, necessaria a determinare la sede (intra o extrauterina) e l’evolutività della gravidanza, previamente all’intervento di Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG), il medico incaricato potrebbe sentirsi profondamente condizionato ad effettuare un consenso informato valido dalla determinazione della donna che ha già intrapreso un percorso legalizzato di rinuncia al figlio, a tal punto da omettere di mostrare il feto alla madre attraverso il monitor dell’ecografo e, ancor di più, di farle vedere le pulsazioni cardiache ed ascoltare (se in un’epoca della gravidanza oltre la decima settimana) il segnale acustico del battito cardiaco.

Il medico, viceversa, è tenuto deontologicamente a rispettare, oltre che il diritto della madre ad un consenso informato, anche la dignità del bambino presente e vitale che appare sotto la sonda ad ultrasuoni, indipendentemente dai suoi personali orientamenti. Anche se il bambino in utero non fosse considerato “soggetto” di pari dignità, ma soltanto “oggetto” della decisione di altri, è quantomeno doveroso e corretto deontologicamente renderlo visibile per deciderne le sorti! La madre deve poter decidere solo dopo essere stata informata in modo completo. Le informazioni disponibili, tra cui quelle raccolte con l’esame ecografico, vanno comunicate e debitamente documentate da parte del medico, a prescindere dal fatto di essere “obiettore” o “non obiettore di coscienza”.

L’esame ecografico, dunque, pur facendo parte di un percorso finalizzato alla IVG, è parte integrante del “consenso informato” in quanto apporta elementi conoscitivi essenziali per una scelta veramente consapevole e libera della donna. Quest’ultima ha la possibilità e la facoltà di poter revocare la sua decisione abortiva in ogni fase dell’iter assistenziale e dovrebbe esserle garantita una scelta libera, basata su un regolare e completo consenso informato.

Aspetto scientifico ed ontologico

Auspichiamo che venga data alla mamma la possibilità di riconoscere la presenza di un altro essere umano in sviluppo nel suo grembo.

Il prevalere mediatico e culturale del principio dell’“autodeterminazione” in senso assoluto, ha completamente oscurato fino a negarla una presenza umana nell’utero materno,  realtà oggettiva che ha caratterizzato la storia prenatale di ognuno di noi. Solo la negazione della presenza di una nuova vita, unica, irripetibile, autonoma nel grembo della donna che diviene madre sembrerebbe giustificare il diritto insindacabile delle sue decisioni e quindi l’equazione: diritto di scelta della donna = diritto di aborto.

La campagna per “Un cuore che batte” riporta finalmente alla luce la realtà scientifica della vita umana concepita e viva nel grembo materno!

Oscurare deliberatamente questa verità è la prima violenza contro la donna, suo figlio e l’umanità tutta!

Rendere evidente alla sua mamma la presenza di una vita umana, indifesa e bisognosa di essere accolta, è atto di corretta deontologia ippocratica e di vera giustizia!

Infine si consideri la conferma sperimentata della validità di questo approccio clinico rispettoso della madre e del suo bambino, nel salvare la vita dei bambini in utero insieme alla felicità delle loro mamme.

Ogni ginecologo può testimoniare che più di una donna, dopo aver visto sul monitor dell’ecografo il proprio figlio/a muoversi con il suo evidente battito cardiaco, ha chiesto di essere dimessa, anche se già in ospedale, e ha lottato come una leonessa per la vita di suo figlio, qualcuna anche sottoponendosi a terapie per contrastare l’effetto dell’Ru486.

Qualcuna, per riconoscenza, ha anche dato il nome dell’ostetrico al proprio figlio dopo che questi, avendole effettuato un consenso realmente informato, l’ha aiutata ad evitarne l’uccisione.

L’efficacia nel prevenire così l’aborto volontario, in buona parte con evidente piena soddisfazione della mamma, viene dimostrata anche dalle statistiche provenienti da quei Paesi che hanno già adottato, in modo formale e normativo, la modalità dell’esposizione alla madre delle immagini ecografiche del feto e del suo battito cardiaco, prima di essere sottoposta all’aborto volontario.

 Comunicato Stampa n.3 del 22 maggio 2023 

Più di sei milioni di vittime innocenti. Di bambini nella fase più fragile della loro vita. Sei milioni di esistenze umane smembrate, dissolte ed annientate, buttate nei rifiuti pericolosi ospedalieri o, come accade con l’aborto chimico (RU486), anche nei WC delle proprie case. 

45 anni di disprezzo della vita umana più nobile, perché più meritevole di cure ed attenzioni, eppure più povera ed indifesa. 

45 anni di violenza spietata verso gli esseri umani più preziosi perché veri depositari del nostro futuro personale e sociale. 

45 anni di menzogne legittimate e potenziate dal potere mediatico nazionale ed internazionale tanto da indurre le nuove generazioni a considerare l’aborto volontario un nuovo “diritto umano”. Un altro gravissimo esito culturale di quella legge 194 che ha ucciso le coscienze e ancora le inganna facendo assurgere la scelta abortiva ad atto di libertà e di autodeterminazione. Tanto da mettere in discussione il diritto alla obiezione di coscienzada parte del personale sanitario, prevista dalla stessa legge. 

45 anni di inganni e di reticenze sulle gravi conseguenze psico-fisiche dell’aborto volontario, di cui i redattori del “documento” per l’IVG (Interruzione Volontaria della Gravidanza) non informano le donne, come invece dovrebbero per un legittimo “consenso informato”. Donne che scontano per lunghi anni queste conseguenze, senza un supporto adeguato da parte degli stessi Servizi che hanno certificato la loro decisione. 

45 anni di connivenza della Medicina e della Ginecologia corporativa nazionale ed internazionale con i grandi poteri economici ed ideologici che misconoscono intenzionalmente l’inizio della vita umana dal concepimento, tanto da approvare e raccomandare l’utilizzo, anche gratuito, di sostanze ormonali in pillole con prevalente (pillole post-coitali del “giorno e dei 5 giorni dopo”) o possibile effetto abortivo precoce (pillole estro-progestiniche, o solo progestiniche), determinando un numero di “criptoaborti” o aborti “nascosti” molto superiore a quello registrato secondo la legge 194. 

La coscienza formata alla verità scientifica ed etica sulla vita umana concepita, quale quella dei Ginecologi ed Ostetrici Cattolici, non può non denunciare una simile ingiustizia che perdura immutata da 45 anni. La più grave delle ingiustizie contro una moltitudine di esseri umani innocenti ed indifesi. 

La dignità di questi nostri piccoli fratelli e sorelle non nati merita il nostro rispetto e tutto il nostro impegno professionale affinché venga debitamente riconosciuta, in quanto esseri appartenenti alla specie umana e, come tali, soggetti di diritto. Primo fra tutti, dal quale tutti gli altri derivano, quello alla vita 

COMUNICATO STAMPA n. 2

L’Associazione Italiana dei Ginecologi ed Ostetrici Cattolici (A.I.G.O.C.) aderisce alla Manifestazione Nazionale per la Vita del 20 maggio a Roma

L’A.I.G.O.C. annuncia la propria adesione alla Manifestazione Nazionale “Scegliamo la Vita” che si svolgerà il prossimo sabato 20 maggio a Roma.

La Manifestazione “Scegliamo la Vita” intende riaffermare il valore assoluto e intangibile della vita umana dal concepimento alla morte naturale, con particolare riguardo a quelle condizioni esistenziali rese più fragili e critiche da particolari condizioni di disagio sociale e di malattia o disabilità psicofisica.

Insieme alle oltre 100 realtà che hanno già aderito alla Manifestazione “Scegliamo la Vita”, I’A.I.G.O.C. chiede alle istituzioni dello Stato, alle amministrazioni locali, ai partiti, alle imprese private e a tutti gli enti sociali di collaborare per rendere l’Italia una Nazione in cui la vita umana, in ogni sua manifestazione, sia, sempre più, accolta, promossa e tutelata.

Nelle regioni italiane in cui i contraccettivi sono stati dispensati gratuitamente e nelle nazioni del mondo dove l’utilizzo dei contraccettivi è stato favorito, i tassi di interruzione delle gravidanze indesiderate non sono diminuiti, anzi la contraccezione e il numero di aborti sono aumentati in modo simultaneo. La contraccezione gratuita in Italia apporterà un beneficio per la salute delle donne?

Comunicato Stampa n.1 del 25 aprile 2023

La notizia data in un’intervista al Quotidiano Sanità dalla presidente del Comitato Prezzi e Rimborsi (CPR) dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), a pochi mesi dalla scadenza del suo incarico quinquennale ci lascia molto perplessi per il momento scelto e per la precisazione fatta da QS, che “Il ministero della Sanità, tuttavia, essendo l’Aifa un organismo indipendente, non avrà possibilità di intervenire sulla decisione.

Entrando nel merito della reale utilità di questo provvedimento per ridurre concretamente il numero di aborti volontari ex legge 194/1978, i dati offerti dalla stessa Aifa nella pubblicazione “L’Uso dei Farmaci Rapporto Nazionale anno 2021” dimostrano chiaramente che l’uso dei contraccettivi dal 2015 è in crescita senza la necessità di gravare ulteriormente le finanze dello Stato rendendo gratuito per tutte le età i contraccettivi estroprogestinici.

La figura riportata (tratta dalla pag. 195 del citato Rapporto) ci mostra chiaramente quanto prima affermato e ci permette di valutare la spesa fatta per il 2021, infatti moltiplicando la DDD/1000 ab(donne) al giorno per il numero di donne in età fertile nel 2021(11.965.446) e per 365 giorni si ottiene la spesa reale (138,5 x 11.965.446 : 1.000 x 365 x 0,50), che ammonta a €. 302.441.604, quindi la spesa prevista di 140 milioni di euro è volutamente molto sottostimata già per quanto riguarda il 2021 e lo sarà ancor di più se il numero delle donne che ne faranno ricorso aumenterà!

Se teniamo presente che solo nella Puglia (nel 2008) e nel Piemonte (nel 2018) gli estroprogestinici sono stati dispensati gratuitamente nei consultori familiari alle donne di età <26 anni o se disoccupate (esenzione ticket E02) o colpite dalla crisi (E99) nei 24 mesi successivi ad una IVG (Interruzione Volontaria della Gravidanza) e nei 12 mesi dopo il parto, ci rendiamo conto che la riduzione nel tempo del rapporto di abortività non è legata alla dispensazione gratuita degli estroprogestinici, ma al crescente numero delle fasce di popolazione femminile di età più avanzata (35-49 anni) e quindi meno fertili.

REGIONE Anno  2019 Anno  2020 Anno  2021
PIEMONTE 7,2 6,9 6,42
EMILIA ROMAGNA 7,2 6,7 6,42
TOSCANA 7,1 6,8 6,04
LAZIO 6,2 6,2 5,28
PUGLIA 7,1 6,4 6,28
ITALIA 5.8 5,4 5,17

Tab.1: Il numero indicato è riferito al rapporto di abortività, cioè la quantità di aborti effettuati, nel triennio 2019-2021, ogni 1000 donne di età compresa fra i 15 e 49 anni nelle regioni indicate e la media nazionale.

Per questi motivi riteniamo non legato a necessità obiettivamente sanitarie il tentativo di rendere gratuito e per tutte le età (15-49 anni) a fine mandato l’uso degli estroprogestinici di cui possono trarre vantaggio solo i produttori degli stessi.

Nella vicina Francia, che fa registrare una diffusione quasi a tappeto della contraccezione  (il 91% delle donne in età fertile dichiara di usare contraccettivi) gli autori dello studio realizzato dall’INED che correla l’aborto volontario con l’uso della contraccezione (Magali Mazuy, Laurent Toulemon ed Elodie Baril) affermano “Dal 1970 la diffusione di efficaci metodi di contraccezione ha permesso la diminuzione di frequenza di gravidanze non desiderate, ma quando si verificavano il ricorso all’aborto aumentava, fino a quando il numero totale di interruzioni di gravidanza non è più sceso”.

Anche i fautori della contraccezione di recente  sono stati costretti a riconoscere che la pillola, considerata il più efficace contraccettivo, in effetti ha un’efficacia solo del 91% e che il 24% (circa 15.000) delle 60.952 donne che si sono rivolte per abortire nel 2016 al British Pregnancy Advisory Service (Bpas), che riunisce circa 40 cliniche inglesi e che fornisce informazioni sulla “salute sessuale” e assistenza alle donne che decidono di abortire, usavano contraccettivi ormonali o IUD, ritenuti i più efficaci contraccettivi, e che oltre il 51% di queste donne usavano un contraccettivo. (Women cannot control fertility through contraception alone, says British Pregnancy Advisory Service The Farmaceyutical Journal/11 JUL 2017).

Il periodico dell’ Alan Guttmacher Institute for Planned Parenthood Federation of America, istituzione statunitense che promuove campagne a favore della contraccezione e dell’aborto, ha riconosciuto che “in sei paesi come Cuba, Danimarca, Paesi Bassi, Stati Uniti, Singapore e Repubblica di Corea, il numero degli aborti e l’uso della contraccezione sono aumentati in modo simultaneo.” (C. Marston, J. Cleland, Relationships between contraception and abortion: a review of the evidence in “International Family Planning Perspectives”, Mar 2003, 29 (1), 6-13) e da altri studi si evince che l’aborto è un naturale prolungamento della contraccezione.

È universalmente accertato, infatti, che c’è una notevole differenza di efficacia tra l’utilizzo tipico degli estroprogestinici (0,3% di gravidanze non desiderate nel primo anno di uso) e l’utilizzo pratico (9% di gravidanze non desiderate nel primo anno di uso).

Se a ciò aggiungiamo il fatto che secondo sec. GOLDZIEHER (Contraccezione ormonale pillole, iniezioni, impianti; CIC Int., 1992, pag.34) nelle donne che assumono la pillola nell’1% dei cicli l’ovulazione avviene lo stesso ci rendiamo conto che non è proprio opportuno sperperare il poco danaro pubblico per creare danni alla salute delle donne e non ottenere il risultato di ridurre significativamente e realmente il numero delle gravidanze interrotte.

Comunicato stampa n.5 del 19 novembre 2022

ABSTRACT

La Relazione ministeriale al Parlamento sull’applicazione della legge n.40/2004 nel 2020, presentata il 18.10.2022, conferma ed accentua tutte le criticità che noi AIGOC abbiamo rilevato anche nelle Relazioni degli anni precedenti.

La sospensione dei cicli prima del prelievo ovocitario (10,2%) e dopo il prelievo ovocitario (11,4% per rischio OHSS e 14,4% per altre anomalie ovocitarie) fino ad avere una interruzione dei cicli dopo il prelievo ovocitario  del 44,1% ed il ricovero ospedaliero di 148  donne per serie complicazioni, pone seri interrogativi sul ricorso smisurato della iperstimolazione ovarica, specie nelle donne in età più avanzata per le quali si può valutare preventivamente la scarsa riserva ovarica con esami ormonali (AMH: ormone antimulleriano) ed ecografici. Non è neppure congruo un tale carico ormonale per le donne che vedono poi finire nella crioconservazione buona parte dei loro ovociti perché sovrannumerari rispetto a quelli trasferiti in utero.

Si evidenzia, come negli anni scorsi, il grande scarto tra il numero di embrioni prodotti da ovociti a fresco e scongelati (totale 137.064) rispetto al numero di embrioni dichiarati trasferibili (74.871 pari al 54,2%) e a quelli che sono stati effettivamente trasferiti in utero (31.051 pari al 41,47% degli embrioni trasferibili e al 22,65% degli embrioni prodotti).

Si conferma negli anni ormai, anche la scarsissima efficacia della PMA specie nella forma omologa, sia con ovociti a fresco che crioconservati, ma – sebbene in misura minore – anche nella forma eterologa con donazione di seme, nelle donne dopo i 40 anni di età, soprattutto dai 42 in su, quando la donna della coppia ricevente che viene stimolata per produrre gli ovociti da fecondare col seme donato.

Sempre più critico e drammatico è il crescente numero di embrioni crioconservati. Di fatto, dal 2005 al 2020 è stato posto nei freezer un numero di embrioni percentualmente sempre maggiore, rispetto a quelli trasferiti in utero (34,47% nella omologa nel 2020), a fronte di un numero di embrioni scongelati ben inferiore, tanto da portare il totale degli embrioni “ufficialmente” ancora crioconservati al numero di 140.683! Per la PMA eterologa, poi, non vengono mai riportati gli embrioni che residuano dopo scongelamento e di quelli prodotti non trasferiti in utero, per cui nel 2020 rimangono 20.587 embrioni di cui non si conosce il destino.

Tale situazione esige che il Parlamento ponga un limite alla produzione indiscriminata degli embrioni sovrannumerari che finiscono a -190°C e l’obbligo per la coppia che richiede la PMA – in sede di consenso informato – di impegnarsi a trasferire in utero – anche in più volte – tutti gli embrioni che accetta di crioconservare.

Dal 2004 al 2020 il 92,75% (1.852.492) degli embrioni prodotti sono stati sacrificati per far nascere 144.786 bambini (1 bambino nato vivo ogni 12,8 embrioni prodotti)!

Per quanto fin qui esposto ribadiamo che le tecniche di PMA non possono essere incluse tra le prestazioni LEA perché non sono terapia della sterilità/infertilità coniugale e perché oltre all’evidente svantaggio costo/benefici, producono la morte – ormai da oltre 13 anni documentata – della stragrande maggioranza degli embrioni prodotti e l’esposizione al gelo e a un destino indefinito di centinaia di migliaia di embrioni.

        L’inserimento nei LEA delle Adozioni Internazionali e Nazionali, mediante le quali le coppie non fertili possono con certezza realizzare il loro desiderio di avere figli, offrendo a tanti bambini poveri abbandonati dopo la nascita, la gioia di avere una famiglia che si prende cura di loro e li ama, è più razionale, più giustificabile dal punto di vista costi/benefici, più umano e rispettoso della dignità di ogni essere umano fin dal concepimento.

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