II Convegno Nazionale: “Per la Vita senza compromessi”

50 anni dopo la profetica Humanae vitae

40 anni dopo la mortifera legge 194

Sabato 19 Maggio 2018 a Roma si terrà il II Convegno Nazionale AIGOC, in collaborazione con il Comitato Verità e Vita e l’Associazione Provita Onlus dal titolo: “Per la Vita senza compromessi”: 50 anni dopo la profetica Humanae Vitae e 40 anni dopo la mortifera legge 194.  La sede del convegno sarà Roma presso Sala Berlinsani – Dnb House Hotel in Via Cavour, 85/a con inizio alle ore 9,00 e si concluderà alle ore 13,00.
Quest’anno ricorrono i 50 anni dalla pubblicazione dell’enciclica di Paolo VI “Humanae vitae” e i 40 anni dalla approvazione della legge 194  che ha legalizzato l’aborto volontario in Italia, per cui il convegno si propone di riflettere sui temi della sessualità e affettività tra l’uomo e la donna, in particolare sul ruolo della donna, sulla sua dignità e sulla tutela della sua salute e, inoltre, una riflessione sull’aborto cosiddetto “terapeutico”.
Interverranno la Prof.ssa M. Orecchia, presidente Federvita Piemonte e V. presidente Comitato Verità e Vita, il Prof. Luca Pingani, Fondazione Incendo e Redazione Osservatorio Internazionale Card. Van Thuan, la Prof.ssa Claudia Navarini, Prof. Ass Filosofia Morale Università Europea Roma, la scrittrice Francesca Romana Poleggi, direttore editoriale di Notizie Pro Vita, il Prof. Giuseppe Noia, direttore Hospice Perinatale – Centro cure Palliative Prenatali del Policlinico Gemelli di Roma e presidente AIGOC, la dott.ssa Cinzia Baccaglini, Psicologa Clinica – Psicoterapeuta e il dr. Angelo Francesco Filardo, Ginecologo, V. Presidente AIGOC
Scopo del convegno è quello di richiamare i forti legami esistenti tra etica della vita ed etica sociale nella consapevolezza che non è possibile affermare valori quali la dignità della persona, la giustizia e la pace, quando si accetta e si tollera la violazione della vita umana.

LA PARTECIPAZIONE AL CONVEGNO È GRATUITA
Per poter migliorare l’organizzazione è gradita la comunicazione della partecipazione al Convegno tramite e-mail alla segreteria Organizzativa – segreteria@aigoc.it – entro il 30 aprile 2018

 

Per visualizzare il Comunicato n 2 del 20-04-18Clicca Qui

 

La Morte cruenta di quasi 6 milioni di Essere Umani Innocenti.

 

L’annuale relazione del Ministro della Salute sull’applicazione della legge 194/1978 al Parlamento nell’anno 2016 è stata resa pubblica il 13 gennaio u.s. a Camere già sciolte a dimostrazione del fatto che essa è più un atto formale dovuto per legge, che un vero strumento di riflessione offerto ai Parlamentari per avere chiaro lo stato di degrado culturale e morale prodotto dalla legge 194 nei suoi primi 40 anni di applicazione.
Nelle sue 129 pagine mai è stato fatto cenno alle prime vittime di questa legge, cioè ai 5.830.930 embrioni/feti umani uccisi, né alle altre vittime di questa mortifera legge, cioè le donne stesse che abortiscono, i loro mariti/partner, i loro figli già nati, i nonni, che in gran parte vanno incontro a complicanze psichiche di cui il ministero e le strutture sanitarie territoriali continuano a non prendersene cura.

 

L’aborto volontario è un mezzo di controllo delle nascite 
Nella relazione come un mantra viene più volte ripetuto (2 volte nella presentazione del Ministro a pag.7 e 9) che “non è mai stato un mezzo di controllo delle nascite”, ma alcune affermazioni “la separazione sempre più netta fra sessualità e procreazione aumenta il tempo che intercorre fra l’inizio dell’attività sessuale e la nascita del primo figlio: è questo un periodo in cui le gravidanze sono spesso indesiderate” (pag. 7) ed i dati contenuti nella stessa relazione mostrano l’esatto contrario. Nella tabella 2, sotto riportata, possiamo notare come il tasso maggiore di abortività volontaria, nettamente superiore a quello totale (6,5/1.000 donne in età fertile)
tabella 200118
si registri nelle classi di età comprese tra i 20 ed i 34 anni con il massimo nel gruppo di età 25-29 anni, cioè nelle donne che si trovano nella situazione sopra descritta. Se a questo dato aggiungiamo che il 54,8% (il 57,8% delle italiane!) delle donne che hanno abortito nel 2016 sono nubili, che il 39,4% non ha alcun figlio e che il tasso di fecondità totale (tft) sia sceso a 1,34 figli/donna (1,26/donna italiana e 1,97 per donna straniera) e che l’età media del primo parto nelle italiane è 32,4 anni (28,7 nelle straniere), abbiamo tutti gli elementi necessari per comprendere che l’aborto volontario entro i 90 giorni è usato come mezzo per il controllo delle nascite.  
Il fatto che il tasso di abortività nelle minorenni sia basso(3,1/1.000 donne) – oggetto di nostre riflessioni in precedenti comunicati – nella stessa relazione viene associato al maggiore utilizzo delle pillole del/i giorno/i dopo, che nel 2016 – dopo la liberalizzazione della vendita senza ricetta medica – hanno raggiunto le 404.121 confezioni (pag. 13) secondo il Ministero della Salute,   455.140 secondo altre fonti (200.507 di ellaOne fino al 31 ottobre secondo i dati forniti da Federfarma e HRA Pharma al Corriere della Sera, 27 marzo 2017 Simona Ravizza), per cui sommando al tasso di abortività volontaria registrato quello delle pillole da loro utilizzate si passa dal 4,6‰ al 26,63‰!

 

Aborti Volontari Tardivi (Eugenetici)
La costante crescita degli aborti volontari oltre i 90 giorni, che nel 2016 sono diventati 4.432 (5,3 % di tutti gli aborti, cioè si sono più che decuplicati rispetto allo 0,5% del 1981), cifra sottostimata perché in 2.356 casi (2,8%) l’epoca gestazionale non è stata rilevata ed in Sardegna (23,2%), Basilicata (18,8%), Umbria (16,6%) e Puglia (10,6%) in una percentuale nettamente superiore a quella nazionale, dovrebbe destare in tutti viva preoccupazione.
Il fatto che siano stati fatti 2.942 aborti oltre la sedicesima settimana e di questi 1.016 dopo la 21settimana e che queste gravidanze inizialmente desiderate vengono interrotte dopo diagnosi prenatale, cui sempre di più si sottopongono le gravide anche su spinta difensiva degli ostetrici, è un segno evidente della cultura dello “scarto, che si è radicata nella nostra società e di cui è figlia anche la legge sulle DAT recentemente approvata dal Parlamento.
Anche di fronte a queste drammatiche situazioni molto spesso non viene prospettata ai genitori la possibilità di essere aiutati a vivere queste difficili gravidanze da Associazioni di Famiglie (Il Cuore in una goccia; la Quercia millenaria,..), che hanno già vissuto queste esperienze e che possono testimoniare che la scelta dell’aborto volontario non è la vera soluzione perché il dopo aborto può essere più drammatico a causa delle già citate conseguenze psichiche.

 

Certificati di Urgenza
Il numero di aborti volontari fatti in regime di urgenza 14.418 (17,8% di tutti gli aborti volontari) cui si aggiungono i 3.985 dati Non Rilevati (4,6%), che in alcune regioni come la Puglia raggiungono il 34,1% (2.542) ed il 7,1% (1.006) in Lombardia, ci sembra molto elevato ed inaccettabile e quanto viene affermato nella relazione per giustificarlo in parte, cioè per rendere possibile l’aborto farmacologico entro i 49 giorni, rappresenta un’interpretazione utilitaristica, strumentale ed in contrasto con l’art. 5 della legge 194/1978, che prevede una pausa di riflessione di 7 giorni dopo il rilascio del certificato. Invocare come motivo d’urgenza il poter fare l’aborto medico invece di quello chirurgico non è certamente finalizzato al bene della donna visti i maggiori rischi cui è esposta se non resta ricoverata fino alla completa espulsione dell’embrione e degli annessi ovulari! Il Ministero dovrebbe comunque indagare e prendere provvedimenti.

 

Prevenzione dell’aborto volontario
Per i motivi più volte esposti non è la contraccezione la via per prevenire l’aborto volontario, come dimostrano chiaramente le esperienze di Paesi ad altissima diffusione della contraccezione e come di recente evidenziato: il 24% (circa 15.000) delle 60.952 donne che si sono rivolte per abortire nel 2016 al British Pregnancy Advisory Service (Bpas), che riunisce circa 40 cliniche inglesi e che fornisce informazioni sulla “salute sessuale” e assistenza alle donne che decidono di abortire, usavano contraccettivi ormonali o IUD, ritenuti i più efficaci contraccettivi, e che oltre il 51% di queste donne usavano un contraccettivo. (Women cannot control fertility through contraception alone, says British Pregnancy Advisory Service The Farmaceyutical Journal/11 JUL 2017).
Solo un’educazione all’amore fecondo e responsabile ed al rispetto della vita umana dal concepimento alla morte naturale assieme alla conoscenza della fertilità della donna offerta dai Metodi Naturali di Regolazione della Fertilità possono ricreare una cultura della vita e sciogliere il gelo, che ci sta conducendo al suicidio demografico.

 

Per visualizzare il Comunicato n.1-18.01.18Clicca Qui

Cardinale Cafarra, testimone trasparente della verità

 

La perdita umana del Cardinale Carlo Caffarra, testimone trasparente della verità sulla persona umana, pastore sempre umile e autentico dei valori della vita e della famiglia, colpisce profondamente l’Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici perché il Cardinale è stato uno dei propugnatori e sostenitori dall’A.I.G.O.C. .
Il 25 marzo 2009, prima ancora di andare dal notaio per la costituzione dell’Associazione, lui voleva già impegnarsi a diffonderla definendola “profetica e attuale”.
Il patrimonio esistenziale della sua persona, delle sue intuizioni antropologiche e pastorali rimangono una perla preziosa per tutto il mondo della vita nascente e terminale.
Noi ringraziamo Dio per aver avuto la grazia di conoscerlo e di averlo avuto come forte sostenitore e amico. Dio lo accolga nei suoi figli prediletti.

 

Per visualizzare il COMUNICATO STAMPA n. 7 del 7 Settembre 2017CLICCA QUI

Anche nel 2015 aumentano gli Embrioni Sacrificati e Crioconservati dalla Fecondazione Extracorporea

 

Come un bollettino di guerra l’annuale relazione al Parlamento del Ministro della Salute sull’applicazione della legge 40/2004, resa pubblica il 5 luglio u.s. con una cinica freddezza offre all’attenzione delle persone più attente e sensibili la possibilità di prendere coscienza dei drammatici risultati delle tecniche di fecondazione extracorporea, che vengono tranquillamente praticate in Italia prevalentemente a spese dei contribuenti italiani essendo state inserite nei livelli essenziali di assistenza pur non essendo terapie della sterilità ed infertilità di coppia e pur non avendo un’efficacia tale da giustificare il loro diffuso impiego a spese dei contribuenti (solo il 15,92% delle coppie che si sottopongono a tali tecniche riesce ad avere uno o più figli in braccio dopo uno o più cicli praticati nello stesso anno.
 COMUNICATO STAMPA N. 6 DEL 10 LUGLIO 2017 ANCHE NELLL 2015 AUMENTANO GLI EMBRIONI SACRIFICATI E CRIOCONSERVATI DALLA FECONDAZIONE EXTRACORPOREA
Il numero degli embrioni sacrificati per far nascere gli 11.029 bambini cresce sempre più spaventosamente: nel 2015 sono stati almeno 160.551 gli embrioni sacrificati. Tale cifra non rispecchia la realtà perché i dati offerti sulla fecondazioni eterologhe sono molto carenti e
non permettono di risalire al numero totale effettivo di embrioni prodotti per cui è stato preso per buono il numero di 3.924 embrioni trasferiti in utero, che è molto basso rispetto ai 21.476 ovociti ed ai 1.161 embrioni importati dalla Danimarca, Grecia, Rep. Ceca, Spagna, Svizzera (la cifra più verosimile si aggira sui 168.200)! Altro dato allarmante, che il Ministro della Salute si limita a giustificare come conseguenza dell’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 151/2009, che ha tolto il divieto della produzione al massimo di tre embrioni da trasferire simultaneamente in utero, ma che il Parlamento ed il Governo non si sono minimamente preoccupati di arginare con una legge od inserendo nelle nuove linee guida dei meccanismi di coscientizzazione e esponsabilizzazione delle coppie richiedenti queste tecniche nei confronti di tutti gli embrioni prodotti, che essendo loro figli a tutti gli effetti come tali dovrebbero essere considerati e trattati e non lasciati sospesi a tempo indeterminato nell’azoto liquido come oggetti inutili. Nel 2015 sono stati crioconservati 34.490 embrioni, il 31% dei cosiddetti embrioni prodotti e trasferibili con punte del 55,8% nel Lazio, del 49% nella P.A. di Bolzano e del 41,2% in Umbria (tab. 3.4.26 pag. 118), mentre ne sono stati scongelati solo 20.444!
COMUNICATO STAMPA N°6-2014 DEL 10 LUGLIO 2017 ANCHE NELLL 2015 AUMENTANO GLI EMBRIONI SACRIFICATI E CRIOCONSERVATI DALLA FECONDAZIONE EXTRACORPOREAAumenta l’età delle donne che si sottopongono a queste tecniche (il 33,7% ha un’età superiore ai 40 anni) e con essa la percentuale
degli esiti negativi della gravidanza (tab.3.4.44). Diminuisce la percentuale delle coppie con figlio in braccio (15,92% cumulativa).
Ci sorprende e ci lascia perplessi la grande generosità delle “donatrici” straniere, che hanno “offerto” la stragrande maggioranza degli ovociti utilizzati nel 2015 per le fecondazioni eterologhe, richiedendo la ovodonazione una stimolazione ovarica per far maturare più
ovociti (in media 6,9) ed un prelievo degli stessi!

 

Per visualizzare il Comunicato n.6del10luglio2017

L’ACCANIMENTO IDEOLOGICO DIMENTICA ANCHE LA SALUTE FISICA E PSICOLOGICA DELLE DONNE

 

 La decisione sulla possibilità di consentire l’uso della pillola abortiva RU486 nei Consultori Familiari in regime ambulatoriale, mostra un accanimento ideologico contro le figure più fragili nel mondo dell’aborto volontario: la madre e l’embrione. Questa proposta è da rigettare totalmente nel merito e nel metodo.
Nel merito: contro la madre si disattende completamente ciò che la scienza da 30 anni ha prodotto con studi rigorosi sull’impatto dell’aborto volontario sulla salute psicologica e la successiva ripresa della capacità gestazionale. L’aborto con la RU486 esce dalla sfera del pubblico per entrare sempre più nei meandri del privato e della solitudine: la procedura infatti viene a gravare sul piano psicologico, pesantemente, sulla donna già “gravata” da una tragica decisione. Nel metodo: la letteratura si è espressa sulla pericolosità 10 volte superiore della RU486 rispetto all’aborto chirurgico (Bartlett L.A. et Al Obstet. Gynaecol. 103 (4:729-37, 2004) e soprattutto in relazione alle gravi complicanze di ordine medico sanitario: 676 segnalazioni del FDA, di cui 17 gravidanze extrauterine, 72 casi di gravi emorragie, 637 casi di effetti collaterali su 607 pazienti (Gary et Al Ann. Pharmacoth, Feb 2006) e 29 morti accertate nel mondo occidentale (New England Journal Medicine 354:15 April 13, 2006). Anche nella recente relazione al Parlamento sull’attuazione della legge 194 sono stati riferiti due episodi di mortalità materna. Per l’embrione si disattende tutto il protagonismo biologico, immunologico, ormonale e la sua relazionalità con la madre da cui dipende l’evoluzione e la nascita di gravi complicazioni nell’infanzia, nell’adolescenza e nella vita adulta (“L’embrione è un attivo orchestratore del suo impianto e del suo destino” – British Medical Journal, Editoriale Nov 2000; “Your destiny from day one” – H. Pearson – Nature Vol. 418, 4 luglio 2002; “Maternal communications with gametes and embryos: a complex interactome” – A. Fazeli and E. Pewsey – Briefings in functional genomiocs and proteomics – Vol. 7 – 2 111-118 2008). Contro questa cultura che banalizza il patrimonio delle conoscenze e utilizza la scienza contro le figure più fragili, i ginecologi dell’AIGOC bollano questa sperimentazione, ideologicamente fondata, come una procedura senza i requisiti minimi di tutela della madre e del concepito e come tale non solo antiscientifica ma anche antiumana.

 

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Alla ricerca dei “legittimi proprietari” O dei loro genitori biologici?

 

La notizia data dalla stampa il 27 febbraio u.s. del dissequestro di circa 500 embrioni per ordine del Tribunale del Riesame di Milano, un tempo custoditi presso la clinica di Antinori ci pone di fronte alle drammatiche conseguenze della legge 40/2004 e delle successive liberalizzazioni operate dalla Corte Costituzionale.
La terminologia usata per descrivere l’opera della pm, che ha fatto ricorso in Cassazione contro il dissequestro: ricostruire chi siano i “legittimi proprietari” ed a stabilire a chi vadano restituiti gli ovuli fecondati, ci fa comprendere lo stato di degrado culturale cui siamo giunti in meno di 13 anni di fecondazione extracorporea di stato.
R. G. Edwards, pioniere della fecondazione extracorporea e premio Nobel per la Medicina, già nel 1981 non aveva dubbi nel definire lo zigote “microscopico essere umano nelle primissime fasi del suo sviluppo” (R.G. Edwards-P. G. Steptoe, A mater of life, London, 1981, pag.101).
Il Comitato Nazionale per la Bioetica il 22 giugno 1996 all’unanimità ha affermato che “l’embrione è uno di noi”, “gli embrioni non sono mero materiale biologico, meri insieme di cellule: sono segno di una presenza umana, che merita rispetto e tutela”.
La Corte Europea di Giustizia di Lussemburgo per sgombrare il campo da ogni possibile dubbio futuro il 18 ottobre 2011 ha dato una definizione ampia di embrione umano “costituisce un embrione umano qualunque ovulo umano fin dalla fecondazione, qualunque ovulo umano non fecondato in cui sia impiantato il nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo umano non fecondato che, attraverso partenogenesi, sia indotto a dividersi e svilupparsi” ed ha sentenziato che “Nessun brevetto può essere concesso a procedure che utilizzino embrioni umani o che comunque ne presuppongano la preventiva distruzione”.
Alla luce di queste tre citazioni ci chiediamo come si fa a parlare di “legittimi proprietari” e non si parli invece di genitori biologici che hanno responsabilità nei confronti dei figli che con il loro consenso sono stati prodotti?
La Corte Costituzionale semplicisticamente con la sentenza n.151 del 31 marzo 2009 ha tolto il limite dei tre embrioni da produrre e da impiantare simultaneamente nell’utero della donna richiedente (art. 14 legge 40), e non ha minimamente preso in considerazione il fatto che con tale atto dava il via libera alla crioconservazione incontrollata, incondizionata e sempre crescente degli embrioni e che per evitare questo bisognava fare almeno una raccomandazione al Parlamento di regolamentare l’accesso alla crioconservazione degli embrioni responsabilizzando i richiedenti sul rispetto e la tutela dovuti a questi loro figli temporaneamente sospesi nell’azoto liquido.
Noi come AIGOC nell’opuscolo inviato a tutti i Parlamentari il 23 settembre 2014 abbiamo richiamato l’attenzione su questo argomento e sul come limitare il rischio di un incontrollato ricorso alla crioconservazione, ma evidentemente gli interessi dei sostenitori della fecondazione extracorporea sono più forti e stringenti del rispetto e della tutela dovuta ad ogni essere umano.
L’altro aspetto preoccupante ed inconcepibile in uno stato di diritto è il venire a conoscenza – il sospetto ce l’avevamo già e più volte lo abbiamo segnalato nei comunicati stampa sulle annuali relazioni al Parlamento del Ministro della Salute sulla legge 40/2004 – che c’è una difficoltà nel reperire le informazioni necessarie a rintracciare le “donatrici”, cioè che non esiste all’interno della clinica un registro dal quale si può scoprire chi è il padre biologico e la madre biologica e chi sono i genitori committenti di ogni embrione crioconservato.
Se non esistono in ogni centro autorizzato tali registri, se ogni provetta contenente un singolo embrione crioconservato non sia contrassegnata da un codice identificativo che consenta di conoscere – quando si ha necessità – i dati sopra elencati, se di ogni zigote prodotto non c’è una scheda che indichi chiaramente tutto l’iter compiuto e che fine ha fatto se non è stato trasferito in utero o crioconservato, come si fa a fare dei controlli seri e ad affermare che tutto si svolge nel rispetto della legge?
Se tenessimo in debita considerazione il fatto che questi embrioni sequestrati-dissequestrati  più volte  non sono materiale biologico, oggetti/cose, ma “microscopici esseri umani nelle primissime fasi del loro sviluppo”, che secondo la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani hanno la nostra stessa dignità, inerente ad ogni membro della famiglia umana, certamente sia il linguaggio usato che i provvedimenti sarebbero totalmente diversi  ed i Parlamentari sentirebbero il dovere di rispettare e tutelare questi  nostri microscopici fratelli più deboli e indifesi.

 

Per visualizzare il Comunicato n.4 del 8.3.17 Clicca Qui

DEMAGOGIA, RICERCA DI CONSENSI ELETTORALI

O PERSISTENTE VOLUTA NON CONOSCENZA DEI FATTI ?

 

Le dichiarazioni del Governatore del Veneto per giustificare e sostenere la violazione del diritto fondamentale all’obiezione di coscienza nel bando di concorso indetto dall’AUSL di Rovigo per il conferimento a tempo indeterminato di 2 posti di biologi per il servizio di procreazione medicalmente assistita dell’ospedale di Trecenta ci offrono l’occasione per fare una riflessione sia sull’obiezione di coscienza che sulla fecondazione extracorporea.
Come già affermato in occasione della vicenda del San Camillo di Roma sia il bando di concorso riservato ai non obiettori che la clausola in cui si specifica che l’eventuale obiezione di coscienza è “giusta causa di recesso dell’Azienda in quanto la prestazione lavorativa diverrebbe oggettivamente inesigibile, discriminano i cittadini in base ai loro convincimenti personali e violano palesemente la libertà del dipendente di fare obiezione di coscienza, prevista anche dall’art. 16 della legge 40/2004, quando il peso del lavoro svolto diventa psicologicamente insopportabile a causa del constatato altissimo numero di embrioni sacrificati per far nascere alcuni bambini e per il notevole stress psicofisico cui vengono sottoposte le donne che ricorrono alla fecondazione extracorporea. In uno Stato veramente democratico ciò è inconcepibile così come è assurdo che per soddisfare i desideri di alcune persone vengano sacrificati migliaia di vite umane innocenti.
Zaia afferma “Siamo per la vita. Questa Regione ha fatto da tempo la scelta di agevolare la procreazione assistita e su questa strada non si torna indietro, al punto che la garantiamo anche alle cinquantenni …”. Già nel nostro Comunicato stampa del 21 giugno 2011 abbiamo spiegato il perché non condividiamo questa scelta, oggi continuando Zaia ad affermare che “è per la vita” lo invitiamo a riflettere sui dati offerti dal Ministro della Salute nell’ultima relazione al Parlamento (30 giugno 2016) sull’applicazione della legge 40/2004, richiamando l’attenzione sui dati relativi al Veneto. Nella tabella in allegato sono riportati tutti i dati necessari ad una serena riflessione su quello che accade utilizzando la fecondazione extracorporea per avere un figlio ad ogni costo.
Se l’attenzione viene posta solo sui bambini che riescono a sopravvivere, la fivet può essere scambiata per un servizio alla vita, ma se si tiene conto dell’altissimo costo in vite umane innocenti pagato per ottenere un bambino in braccio ci si rende conto che la procreazione artificiale è in assoluto la prima causa di morte in Italia e nel Veneto!     Su  4.973 embrioni trasferiti in utero nel 2014 solo 487 (9,87%, cioè meno di 1 bambino su 10 embrioni trasferiti in utero) sono nati vivi, mentre 4.486 (il 90,21%) sono stati esposti a morte certa per soddisfare il desiderio di avere un figlio in braccio del 13,89% delle coppie trattate; 1.489 embrioni sono stati crioconservati, cioè destinati ad una morte differita nel tempo, e altre migliaia di embrioni sono stati scartati precocemente per un totale di 7.930 embrioni (il 93,86% di tutti gli embrioni prodotti e scongelati) nel solo anno 2014, anno in cui nel Veneto ci sono stati 5.472 aborti volontari.
 L’obiezione di coscienza per la legge 40/2004 è molto meno diffusa di quella per la legge 194/1978 per diversi motivi pratici tra cui il fatto che minore è il numero dei medici e del personale che può essere coinvolto nelle procedure della fecondazione extracorporea e che molti – come il governatore Zaia – ignorano l’altissimo suo costo in vite umane.  Quando viene presentata da operatori che già lavorano in questi servizi è motivata proprio dal fatto che lo stare al contatto con queste terribili realtà di morte, il constatare come la vita umana al suo sorgere viene trattata come un oggetto – come materiale biologico – che viene manipolato, selezionato e scartato se non perfetto, il constatare che  nella fecondazione eterologa viene negato ad alcune di queste nuove vite umane anche la possibilità di conoscere i suoi veri genitori genetici, lo stare al contatto quotidianamente con la sofferenza di tante donne e coppie che si sentono stimolate e trattate come fattrici diventa un peso insopportabile, che spinge i medici ed i biologi più sensibili a dire no a questa disumana e disumanizzante fabbrica di vite umane e ad avvalersi dell’obiezione di coscienza.
A questi professionisti, che hanno sperimentato sulla loro pelle che cosa significa produrre bambini in provetta, il Governatore Zaia vuole togliere la libertà di seguire il dettame della propria coscienza?
Il Governatore Zaia dopo aver preso coscienza dei frutti acerbi delle sue scelte ritiene ancora eticamente corretto sperperare il denaro pubblico per sottoporre ad inutili e costosi trattamenti donne in età avanzata, considerato che nel 2014 in Veneto il 43,36% dei cicli delle donne sottoposte a trattamento sono stati sospesi prima del trasferimento in utero degli embrioni (539 prima del prelievo e 969 dopo il prelievo ovocitario)?
La presenza di tanti piccoli centri pubblici sul territorio non produce eccellenza ma sperpero del denaro

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Al San Camillo di Roma si calpesta un diritto fondamentale per assumere due ginecologi di ruolo per fare sempre aborti volontari

La notizia riportata oggi dai mass media dell’assunzione a tempo indeterminato di due ginecologi non obiettori dopo apposito bando per “Dirigente Medico disciplina OSTETRICIA e GINECOLOGIA (da destinare al Settore del Day Hospital e Day Surgey) per l’applicazione della Legge 197/1978 – interruzione volontaria della gravidanza”, ci preoccupa e ci rattrista allo stesso tempo.
Prima di esporre i motivi della nostra preoccupazione ci sembra necessario ribadire – considerato che il Commissario ad acta Zingaretti ed il Direttore Generale D’Alba sembra che lo ignorino o fanno finta di non saperlo – che la legge 194/1978 non riconosce alle donne un “diritto” all’aborto volontario, ma consente loro di farlo gratuitamente e legalmente nelle strutture pubbliche a certe condizioni e se è impossibile superare le condizioni e le difficoltà che spingono la donna a chiedere l’aborto ( leggi articoli 1, 2, 4 e 5 della legge 194). E’ falso e strumentale affermare che ci sono due diritti che confliggono perché c’è solo il diritto costituzionale del medico di obiettare, riconosciuto anche esplicitamente dall’art. 9 della stessa legge 194/1978, che viene dispoticamente calpestato.
Il carico di lavoro medio dei ginecologi non obiettori nel Lazio è di 3,2 ivg/settimana (min.0,7 e max 7 ivg/settimana), la percentuale di ginecologi obiettori 78,2%, la percentuale del tempo di attesa tra 22-28 giorni l’11,3%.
Dimostrato con i dati offerti dall’ultima relazione al Parlamento del Ministro della Salute, che riporta la copia del pronunciamento definitivo del 6 luglio 2016 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa che ha respinto la denuncia presentata in data 17 gennaio 2013 dalla GGIL contro l’Italia in merito alla mancata applicazione della legge 194/78 riguardo all’accesso ai servizi IVG in relazione all’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari, che non esiste la necessità di un siffatto bando di concorso, illegale ed incostituzionale, dal momento che in caso di necessità – come ha affermato la stessa ministro Lorenzin – si può ovviare ad eventuali necessità con la mobilità del personale, le paventate clausole contrattuali, di cui si vanta il Direttore Generale, calpestano ulteriormente il diritto fondamentale di ogni persona di obbedire alla propria coscienza e limitano la libertà dei medici di esercitare la propria professione secondo scienza e coscienza e di avvalersi dell’obiezione di coscienza quando diventa insostenibile per la loro coscienza il peso dei numerosi bambini cui hanno impedito di vivere e di vedere la luce del sole.
L’alta percentuale di ginecologi obiettori – bisogna avere il coraggio di riconoscerlo! – è motivata proprio dal fatto che tutti i medici sanno bene che chi viene eliminato con l’aborto volontario è un bambino, che magari qualche ora o qualche istante prima hanno visto muoversi sullo schermo dell’ecografo.
L’altra verità, che chi tenta di fare queste forzature amministrative, deve avere il coraggio di riconoscere, è che loro non considerano più – o non l’hanno mai considerato anche se più volte declamato – che l’aborto è un dramma per la donna, la coppia, la famiglia e la società tutta. Se considerassero l’aborto un vero dramma non creerebbero degli abortifici come il settore citato nel bando di concorso e sarebbero ben lieti di avere nei consultori pubblici più medici obiettori per poter offrire alle donne tentate di abortire l’aiuto necessario per superare le difficoltà che le spingono a chiedere l’aborto come espressamente indica l’art. 2, 4 e 5 della legge 194/1978, né obbligherebbero i pochi ginecologi (5% nei 99/150 Consultori del Lazio che hanno inviato i dati) con la complicità dei giudici del TAR a fare la certificazione per l’aborto, che – lo ribadiamo – è un documento indispensabile per la donna per potersi recare dopo 7 giorni di riflessione ad abortire e come tale rientra tra le procedure e le attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza da cui è esonerato il medico che si avvale dell’obiezione di coscienza ai sensi dell’art. 9 della legge 194.
Ci spiace doverlo constatare, ma il comportamento di questi amministratori e quello dei Parlamentari dello stesso partito in Parlamento sul ddl sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento dimostrano chiaramente l’indole totalitaria, dittatoriale, che non ci aspetteremmo da un partito che si chiama democratico, e la volontà di ridurre il medico a puro esecutore delle loro volontà sacrificando tutto il patrimonio di cultura scientifica, umana e solidaristica che da sempre contraddistinguono la nostra professione.

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NO ALL’UCCISIONE DEI NEONATI PREMATURI O DISABILI

NO ALL’UCCISIONE DOPO LA NASCITA DEI BAMBINI CON MALATTIE GENETICHE E/O

MALFORMAZIONI SCAMPATI ALLA SELEZIONE EUGENETICA DELLA DIAGNOSTICA PRENATALE

Il Consiglio Direttivo dell’AIGOC, riunito a Roma, prendendo in esame il testo unificato deIla proposta di legge in materia di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento, che entro la fine del mese sarà esaminato in aula dalla Camera dei Deputati, sente l’urgenza di manifestare il pieno dissenso dell’AIGOC nei confronti di questa proposta di legge, che di fatto legalizza esplicitamente l’uccisione dei minori e degli incapaci per decisione dei loro genitori e dei loro tutori e calpesta completamente la figura e la missione del medico, che viene ridotto a semplice esecutore delle volontà altrui e costretto a compiere azioni che porteranno alla morte dei pazienti affidati alle sue cure senza la possibilità di obbedire alla sua coscienza e di appellarsi alle autorità giudiziarie.

Come ostetrici e ginecologi – in particolare – sentiamo il dovere di sottolineare come l’art. 2 permette l’uccisione dei neonati prematuri o disabili.

Si tratta di una “categoria” di potenziali vittime dell’eutanasia su cui l’attenzione è concentrata da molti decenni: il cosiddetto “Protocollo di Groningen non è affatto vero che riguardi solo casi estremi. La proposta dei pediatri olandesi Verhagen e Sauer consiste, nella soppressione dei bambini in spregio anche alle più elementari norme di deontologia medica. Essi classificano i candidati alla soppressione in tre ampie categorie.

La prima categoria include bambini che non hanno possibilità di sopravvivere e muoiono dopo poco tempo dalla nascita, malgrado le migliori cure cui sono sottoposti. È lecito chiedersi se, di fronte a questi casi, sia necessario abbreviare ancor più il loro così breve affacciarsi alla vita anticipandone la morte?

Il secondo gruppo comprende bambini che hanno una prognosi sfavorevole e sono dipendenti da terapie intensive. Essi possono sopravvivere, ma le aspettative circa le loro condizioni future sono molto tristi. Si tratta principalmente di bambini con gravi danni cerebrali e di organo che, se sopravvivono dopo il periodo di terapia intensiva, hanno una prognosi estremamente negativa e una povera qualità di vita.

Infine, il Protocollo individua un terzo gruppo di pazienti con prognosi senza speranza, per i quali sia i genitori sia esperti medici ritengono soffrano in misura intollerabile. Essi non sono dipendenti da una terapia intensiva, ma per loro è prevedibile una qualità di vita molto infelice associata a sofferenza, senza speranza di miglioramento.

Si fa lo specifico esempio dei portatori di spina bifida costretti spesso a subire molti interventi chirurgici.

In effetti, l’eliminazione dei neonati disabili è perfettamente coerente con l’ideologia eugenetica ed eutanasica: i nuovi soggetti vengono immediatamente eliminati se non corrispondono al “modello” utile alla società.

Dal punto di vista giuridico, la soluzione più “semplice” per ottenere il risultato perseguito è di far decidere i genitori – ovviamente influenzandoli nella loro decisione con la previsione di scarse possibilità di successo e di futuri problemi derivanti dall’avere dei figli disabili.

Ebbene: a norma dell’art. 2, i genitori potranno decidere di non far intraprendere manovre di rianimazione neonatale e di far sospendere qualsiasi trattamento intensivo (incubatrici ecc.).

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SI RIDUCE LA PUNTA DELLICEBERGABORTO,CONTINUA A CRESCERE LABORTO EUGENETICO 

E  NEL 2014 SI REGISTRA LA MORTE DI DUE GIOVANI DONNE

 

UNA RIDUZIONE NUMERICA SOLO APPARENTE: La relazione sull’applicazione della legge 194/1978, presentata dal Ministro della Salute al Parlamento e resa pubblica il 15 dicembre per la prima volta offre i dati definitivi relativi a due anni solari il 2014 e 2015, evidenzia una reale diminuzione, già iniziata nel 2013, del numero degli aborti volontari fatti in Italia secondo le procedure previste dalla legge 194 (nel 2014 ci sono stati 6.182 aborti in meno rispetto al 2013; 8.939 aborti in meno nel 2015 rispetto al 2014), ma la contemporanea notevole diminuzione del numero dei nati vivi (473.461 nel 2015) e del tasso di fecondità (35,4 nati vivi/1.000 donne di età compresa fra 15 e 49 anni) ci inducono ad affermare – come ripetiamo da anni ! – che la diminuzione degli aborti provocati è solo apparente: è la punta dell’iceberg-aborto, cioè gli aborti fatti secondo la legge 194/1978, che si rimpicciolisce mentre la massa sommersa aumenta a dismisura. La stessa ministro Lorenzin a pag. 1 della relazione afferma “ Il maggior decremento osservato nel 2015, in particolare tra il secondo e terzo trimestre, potrebbe essere almeno in parte collegato alla determina AIFA del 21 aprile 2015 (G.U. n.105 dell’8 maggio 2015), che elimina, per le maggiorenni, l’obbligo di prescrizione medica dell’Ulipristal acetato (ellaOne), contraccettivo d’emergenza meglio noto come “pillola dei 5 giorni dopo”. I dati offerti dalla fig. 1 a pag. 11 della relazione ci dimostrano che gli aborti prodotti dalle 145.101 confezioni di ellaOne acquistati nel 2015 hanno prodotto molti più aborti (almeno 27.424 considerando un tasso di concepimento del 20%) di quelli registrati in meno nello stesso anno (8.939)! A questi vanno aggiunti gli aborti provocati dalla pillola del giorno dopo (Norlevo), dalla spirale (IUD), dalle pillole e.p. e dai progestinici nelle varie formulazioni.

EUGENISMO DI STATO: l’altro dato allarmante è la continua crescita registrata nel 2014 e nel 2015 degli aborti tardivi (dopo la 12 settimana) , che dai 4.064 del 2013 sono diventati 4.312 nel 2015 (5 % di tutti gli aborti, cioè si sono decuplicati rispetto allo 0,5% del 1981), 2.860 dei quali sono stati fatti dalla 16^ settimana in avanti e di questi 1.044 oltre la 21 settimana.

DUE GIOVANI DONNE (35 E 37 ANNI) MUOIONO DABORTO VOLONTARIO: la contemporanea presentazione dei dati del 2014 e del 2015 nella stessa relazione annuale ha fatto passare in secondo ordine la notizia della morte delle due giovani donne per aborto volontario, la stessa ministro nelle sette pagine di presentazione non ne accenna minimamente. Non vogliamo entrare nel merito delle questioni, ma ci sembra doveroso riflettere sul ricorso all’aborto farmacologico se non viene assicurata la permanenza in ricovero ospedaliero per tutta la durata del trattamento fino all’espulsione dell’embrione ed il controllo della completa uspulsione delle membrane amniocoriali come più volte raccomandato dall’Istituto Superiore della Sanità e dalla letteratura “Le evidenze disponibili in letteratura indicano che l’interruzione di gravidanza farmacologica si caratterizza per un profilo di sicurezza inferiore rispetto al metodo chirurgico, con una mortalità almeno dieci volte maggiore, a parità di epoca gestazionale. Alcuni eventi avversi associati all’impiego dell’aborto medico esordiscono a distanza di tempo dalla procedura, insorgendo subdolamente e progredendo rapidamente verso l’exitus. ……”(PROMED GALILEO -Aborto farmacologico mediante mifepristone e misoprostol – Italian Journal of Gynaecology & Obstretics , Gennaio-Marzo 2008- vol. 20 n.1 pagg.43-68). Un altro punto su cui sarebbe opportuno riflettere – visti i problemi segnalati dai colleghi ostetrici ed anestesisti – è se un’interruzione volontaria di gravidanza possa essere considerata completata dal medico o dal servizio che la esegue con l’accertamento ecografico della morte dell’embrione/feto.

L’OBIEZIONE DI COSCIENZA NON CREA ALCUN PROBLEMA: la relazione ampiamente dimostra che ci sono anzi medici non obiettori che non eseguono alcun aborto volontario e che la media di aborti volontari è di 1,6 per medico non obiettore impiegato nei servizi di IVG per 44 settimane/anno (pag. 5 relazione).

BASSA ABORTIVITÀ DELLE MINORENNI: rimandiamo al comunicato stampa n. 5/2015 nel quale abbiamo ampiamente chiarito la situazione.

PREVENZIONE DELLABORTO VOLONTARIO: ribadiamo quanto ripetutamente da noi affermato e rimandiamo gli interessati alla lettura del nostro comunicato stampa n. 1/2016.

DATI ANCORA INCOMPLETI ED ECCESSIVO RICORSO ALLA PROCEDURA DURGENZA: Anche se notiamo nel 2015 una maggiore accuratezza nella raccolta dei dati riteniamo inaccettabile che in 2.068 donne non venga rilevata l’epoca gestazionale in cui viene fatto l’aborto volontario e che risulti “confermata la tendenza all’aumento del ricorso alla procedura d’urgenza: è avvenuto nel 16.7% dei casi nel 2015, nel 14.7% nel 2014, rispetto al 12.8% del 2012 e all’11.6% del 2011. Percentuali superiori alla media nazionale si sono osservate, come negli anni passati, in Puglia (32.1%), Piemonte (30.0%), Toscana (23.1%), Emilia Romagna (22.5%), Lazio (24.2%) e Marche (17.4%)” (pag. 3 relazione), tra l’altro la relazione non fornisce i motivi della dichiarata urgenza.

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