DEMAGOGIA, RICERCA DI CONSENSI ELETTORALI
O PERSISTENTE VOLUTA NON CONOSCENZA DEI FATTI ?
NO ALL’UCCISIONE DEI NEONATI PREMATURI O DISABILI
NO ALL’UCCISIONE DOPO LA NASCITA DEI BAMBINI CON MALATTIE GENETICHE E/O
MALFORMAZIONI SCAMPATI ALLA SELEZIONE EUGENETICA DELLA DIAGNOSTICA PRENATALE
Il Consiglio Direttivo dell’AIGOC, riunito a Roma, prendendo in esame il testo unificato deIla proposta di legge in materia di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento, che entro la fine del mese sarà esaminato in aula dalla Camera dei Deputati, sente l’urgenza di manifestare il pieno dissenso dell’AIGOC nei confronti di questa proposta di legge, che di fatto legalizza esplicitamente l’uccisione dei minori e degli incapaci per decisione dei loro genitori e dei loro tutori e calpesta completamente la figura e la missione del medico, che viene ridotto a semplice esecutore delle volontà altrui e costretto a compiere azioni che porteranno alla morte dei pazienti affidati alle sue cure senza la possibilità di obbedire alla sua coscienza e di appellarsi alle autorità giudiziarie.
Come ostetrici e ginecologi – in particolare – sentiamo il dovere di sottolineare come l’art. 2 permette l’uccisione dei neonati prematuri o disabili.
Si tratta di una “categoria” di potenziali vittime dell’eutanasia su cui l’attenzione è concentrata da molti decenni: il cosiddetto “Protocollo di Groningen non è affatto vero che riguardi solo casi estremi. La proposta dei pediatri olandesi Verhagen e Sauer consiste, nella soppressione dei bambini in spregio anche alle più elementari norme di deontologia medica. Essi classificano i candidati alla soppressione in tre ampie categorie.
La prima categoria include bambini che non hanno possibilità di sopravvivere e muoiono dopo poco tempo dalla nascita, malgrado le migliori cure cui sono sottoposti. È lecito chiedersi se, di fronte a questi casi, sia necessario abbreviare ancor più il loro così breve affacciarsi alla vita anticipandone la morte?
Il secondo gruppo comprende bambini che hanno una prognosi sfavorevole e sono dipendenti da terapie intensive. Essi possono sopravvivere, ma le aspettative circa le loro condizioni future sono molto tristi. Si tratta principalmente di bambini con gravi danni cerebrali e di organo che, se sopravvivono dopo il periodo di terapia intensiva, hanno una prognosi estremamente negativa e una povera qualità di vita.
Infine, il Protocollo individua un terzo gruppo di pazienti con prognosi senza speranza, per i quali sia i genitori sia esperti medici ritengono soffrano in misura intollerabile. Essi non sono dipendenti da una terapia intensiva, ma per loro è prevedibile una qualità di vita molto infelice associata a sofferenza, senza speranza di miglioramento.
Si fa lo specifico esempio dei portatori di spina bifida costretti spesso a subire molti interventi chirurgici.
In effetti, l’eliminazione dei neonati disabili è perfettamente coerente con l’ideologia eugenetica ed eutanasica: i nuovi soggetti vengono immediatamente eliminati se non corrispondono al “modello” utile alla società.
Dal punto di vista giuridico, la soluzione più “semplice” per ottenere il risultato perseguito è di far decidere i genitori – ovviamente influenzandoli nella loro decisione con la previsione di scarse possibilità di successo e di futuri problemi derivanti dall’avere dei figli disabili.
Ebbene: a norma dell’art. 2, i genitori potranno decidere di non far intraprendere manovre di rianimazione neonatale e di far sospendere qualsiasi trattamento intensivo (incubatrici ecc.).
Per visualizzare il Comunicato n. 1 _11 FEB.17Clicca Qui
UNA RIDUZIONE NUMERICA SOLO APPARENTE: La relazione sull’applicazione della legge 194/1978, presentata dal Ministro della Salute al Parlamento e resa pubblica il 15 dicembre per la prima volta offre i dati definitivi relativi a due anni solari il 2014 e 2015, evidenzia una reale diminuzione, già iniziata nel 2013, del numero degli aborti volontari fatti in Italia secondo le procedure previste dalla legge 194 (nel 2014 ci sono stati 6.182 aborti in meno rispetto al 2013; 8.939 aborti in meno nel 2015 rispetto al 2014), ma la contemporanea notevole diminuzione del numero dei nati vivi (473.461 nel 2015) e del tasso di fecondità (35,4 nati vivi/1.000 donne di età compresa fra 15 e 49 anni) ci inducono ad affermare – come ripetiamo da anni ! – che la diminuzione degli aborti provocati è solo apparente: è la punta dell’iceberg-aborto, cioè gli aborti fatti secondo la legge 194/1978, che si rimpicciolisce mentre la massa sommersa aumenta a dismisura. La stessa ministro Lorenzin a pag. 1 della relazione afferma “ Il maggior decremento osservato nel 2015, in particolare tra il secondo e terzo trimestre, potrebbe essere almeno in parte collegato alla determina AIFA del 21 aprile 2015 (G.U. n.105 dell’8 maggio 2015), che elimina, per le maggiorenni, l’obbligo di prescrizione medica dell’Ulipristal acetato (ellaOne), contraccettivo d’emergenza meglio noto come “pillola dei 5 giorni dopo”. I dati offerti dalla fig. 1 a pag. 11 della relazione ci dimostrano che gli aborti prodotti dalle 145.101 confezioni di ellaOne acquistati nel 2015 hanno prodotto molti più aborti (almeno 27.424 considerando un tasso di concepimento del 20%) di quelli registrati in meno nello stesso anno (8.939)! A questi vanno aggiunti gli aborti provocati dalla pillola del giorno dopo (Norlevo), dalla spirale (IUD), dalle pillole e.p. e dai progestinici nelle varie formulazioni.
EUGENISMO DI STATO: l’altro dato allarmante è la continua crescita registrata nel 2014 e nel 2015 degli aborti tardivi (dopo la 12 settimana) , che dai 4.064 del 2013 sono diventati 4.312 nel 2015 (5 % di tutti gli aborti, cioè si sono decuplicati rispetto allo 0,5% del 1981), 2.860 dei quali sono stati fatti dalla 16^ settimana in avanti e di questi 1.044 oltre la 21 settimana.
DUE GIOVANI DONNE (35 E 37 ANNI) MUOIONO D’ABORTO VOLONTARIO: la contemporanea presentazione dei dati del 2014 e del 2015 nella stessa relazione annuale ha fatto passare in secondo ordine la notizia della morte delle due giovani donne per aborto volontario, la stessa ministro nelle sette pagine di presentazione non ne accenna minimamente. Non vogliamo entrare nel merito delle questioni, ma ci sembra doveroso riflettere sul ricorso all’aborto farmacologico se non viene assicurata la permanenza in ricovero ospedaliero per tutta la durata del trattamento fino all’espulsione dell’embrione ed il controllo della completa uspulsione delle membrane amniocoriali come più volte raccomandato dall’Istituto Superiore della Sanità e dalla letteratura “Le evidenze disponibili in letteratura indicano che l’interruzione di gravidanza farmacologica si caratterizza per un profilo di sicurezza inferiore rispetto al metodo chirurgico, con una mortalità almeno dieci volte maggiore, a parità di epoca gestazionale. Alcuni eventi avversi associati all’impiego dell’aborto medico esordiscono a distanza di tempo dalla procedura, insorgendo subdolamente e progredendo rapidamente verso l’exitus. ……”(PROMED GALILEO -Aborto farmacologico mediante mifepristone e misoprostol – Italian Journal of Gynaecology & Obstretics , Gennaio-Marzo 2008- vol. 20 n.1 pagg.43-68). Un altro punto su cui sarebbe opportuno riflettere – visti i problemi segnalati dai colleghi ostetrici ed anestesisti – è se un’interruzione volontaria di gravidanza possa essere considerata completata dal medico o dal servizio che la esegue con l’accertamento ecografico della morte dell’embrione/feto.
L’OBIEZIONE DI COSCIENZA NON CREA ALCUN PROBLEMA: la relazione ampiamente dimostra che ci sono anzi medici non obiettori che non eseguono alcun aborto volontario e che la media di aborti volontari è di 1,6 per medico non obiettore impiegato nei servizi di IVG per 44 settimane/anno (pag. 5 relazione).
BASSA ABORTIVITÀ DELLE MINORENNI: rimandiamo al comunicato stampa n. 5/2015 nel quale abbiamo ampiamente chiarito la situazione.
PREVENZIONE DELL’ABORTO VOLONTARIO: ribadiamo quanto ripetutamente da noi affermato e rimandiamo gli interessati alla lettura del nostro comunicato stampa n. 1/2016.
DATI ANCORA INCOMPLETI ED ECCESSIVO RICORSO ALLA PROCEDURA D’URGENZA: Anche se notiamo nel 2015 una maggiore accuratezza nella raccolta dei dati riteniamo inaccettabile che in 2.068 donne non venga rilevata l’epoca gestazionale in cui viene fatto l’aborto volontario e che risulti “confermata la tendenza all’aumento del ricorso alla procedura d’urgenza: è avvenuto nel 16.7% dei casi nel 2015, nel 14.7% nel 2014, rispetto al 12.8% del 2012 e all’11.6% del 2011. Percentuali superiori alla media nazionale si sono osservate, come negli anni passati, in Puglia (32.1%), Piemonte (30.0%), Toscana (23.1%), Emilia Romagna (22.5%), Lazio (24.2%) e Marche (17.4%)” (pag. 3 relazione), tra l’altro la relazione non fornisce i motivi della dichiarata urgenza.
Per visualizzare il Comunicato Stampa n. 6 19 dic. 2016 CLICCA QUI
Per visualizzare il COMUNICATO STAMPA N. 5 del 3 settembre 2016CLICCA QUI
Per visualizzare il COMUNICATO STAMPA N 4 del 15 luglio CLICCA QUI